lunedì 7 dicembre 2009

"Cuor di Leone" Feltri in retromarcia su Boffo


E venne il dietrofront: Vittorio Feltri ammette che l'informativa su Boffo da lui pubblicata su il Giornale conteneva una ricostruzione dei fatti non corrispondente alla verità processuale. In parole parole: era un colossale falso. Feltri arriva a esprimere parole di ammirazione per l'ex direttore de L'Avvenire da lui sottoposto a un vero e proprio linciaggio mediatico e ora lodato per l'"atteggiamento sobrio e dignitoso". Ma dove Feltri raggiunge l'acme della faccia tosta è quando cerca di motivare quelle che furono le sue scelte editoriali di allora: "All'epoca giudicammo interessante il caso per cercare di dimostrare che tutti noi faremmo meglio a non speculare sul privato degli altri, perché anche il nostro, se scandagliato, non risulta mai perfetto.
Poteva finire qui. Invece l'indomani è scoppiato un pandemonio perché i giornali e le televisioni si scatenarono sollevando un polverone ingiustificato. La «cosa», come lei dice, da piccola è così diventata grande. Ma, forse, sarebbe rimasta piccina se Boffo, nel mezzo delle polemiche (facile a dirsi, adesso), invece di segretare il fascicolo, lo avesse reso pubblico, consentendo di verificare attraverso le carte che si trattava di una bagattella e non di uno scandalo. Infatti, da quelle carte, Dino Boffo non risulta implicato in vicende omosessuali, tanto meno si parla di omosessuale attenzionato.
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Quindi la responsabilità secondo Feltri non ricade su chi dedicò alla faccenda le prime pagine del quotidiano che dirigeva ma ai media che stettero sulla notizia e addirittura allo stesso Boffo, reo di non aver risposta in maniera adeguatamente convincente nel merito alle screditanti rilevazioni che lo riguardavano
Non si capisce per quale motivo Feltri abbia ammesso l'errore : appare difficile pensare a un disinteressato ritrovato amore per la verità. Più probabilmente si è reso conto che la sua iniziativa ha nuociuto al suo Capo nei rapporti con la Chiesa cattolica e a se stesso nella sua reputazione professionale.
Rimane il fatto che in un Paese con una deontologia giornalistica più rigorosa rispetto a quella italiana, il direttore di un quotidiano che avesse pubblicato un documento senza verificare adeguatamente l'attendibilità sarebbe stato costretto a dimettersi all'istante e avrebbe avuto come massima aspirazione professionale quella di correggere le bozze degli altrui articoli. Da noi invece la retromarcia di Feltri rischia di passare come il gesto nobile di un uomo ravveduto e di mettere in secondo piano l'opera di sputtanamento che vi è stata a monte.

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