domenica 3 giugno 2018

Dal 4 marzo al governo Conte. Pagella di una crisi istituzionale sfiorata.

Dopo quasi tre mesi vissuti sull'orlo di una crisi di nervi, l'Italia ha finalmente un governo in grado di poter operare nella pienezza delle sue funzioni. In un'altalena emotiva fatta di tatticismi, rilanci propagandistici, crisi istituzionali minacciate ma poi scongiurate, e con la prospettiva costante di un immediato ritorno alle urne è emersa con forza la figura di Sergio Mattarella.
Il presidente della Repubblica ha esercitato il suo ruolo alternando il bastone e la carota, mostrando pazienza per consentire alle forze politiche di trovare le necessarie convergenze, ma non esitando ad agitare lo spauracchio del governo tecnico per stimolarle ad assumersi le proprie responsabilità di fronte al Paese. L'episodio più controverso, su cui si sono divisi osservatori e costituzionalisti, è stato quello del rifiuto della nomina del professor Savona a ministro dell'economia a causa delle sue posizioni fortemente euroscettiche. A mio parere in tale circostanza la fermezza di Mattarella era opportuna: il presidente della Repubblica è il garante della solidità dell'ordinamento di cui l'euro è elemento strutturale. Se si voleva mettere in discussione la nostra partecipazione alla moneta unica europea bisognava farlo a partire dalla campagna elettorale,aprendo un dibattito in cui l'opinione pubblica potesse valutare in modo approfondito le conseguenze di una scelta così importante. Il piano per uscire all'improvviso dall'euro di cui il professor Savona è coautore non è compatibile con la necessità che l'Italia abbia sul tema una posizione chiara e trasparente. Le ambiguità e le incertezze possono costare molto caro , visto il pesante debito pubblico italiano e la necessità di chiedere in presto circa 400 miliardi all'anno per finanziare il funzionamento della macchina statale, a partire da servizi essenziali come la scuola, la sanità e l'ordine pubblico. Piuttosto, di fronte a una crisi così caotica il Quirinale avrebbe forse potuto essere più puntuale sul piano della comunicazione in modo da togliere qualsiasi alibi ai politici, ma nel complesso il presidente della Repubblica ha saputo garantire stabilità e autorevolezza alle istituzioni e per questo come voto si merita un bel 8.
Da segnalare anche il ruolo giocato da Carlo Cottarelli, che nella scomoda veste di presidente incaricato per pochi giorni, ha agito con discrezione e eleganza, e nel congedarsi ha ringraziato sottolineando come qualsiasi governo politico fosse meglio di un governo tecnico che traghettasse l'Italia di nuovo alle elezioni. A lui per aver mostrato uno spirito da servitore dello Stato: voto 9.
Matteo Salvini si è mosso con l'abilità di un consumato negoziatore e pur partendo da quasi la metà dei voti dei Cinque Stelle è riuscito a ritagliarsi un ruolo pesante nella squadra di governo, riservando alla Lega la scelta di ministeri chiave come gli Interni e l'Economia. Fino all'ultimo è rimasto tentato dall'opzione elettorale per monetizzare il consenso che i sondaggi davano in netta ascesa. Resta l'impressione che per lui sarà molto complicato il passaggio dalla modalità propaganda h24 a quella dello statista. Per lui voto 6,5.
Luigi Di Maio è l'autore dell'impeachement allo yogurt, scaduto 48 ore dopo essere stato proposto. Una delle scene più grottesche della storia repubblicana, dove la farsa si fa comunque preferire alla tragedia. Accortosi dello scivolone è tornato a Canossa, offrendo collaborazione a Mattarella e salvandosi in extremis con la proposta di dirottare Savona ad altro ministero. Dopo essersi mosso bene in campagna elettorale ha gestito male il post-voto. Confusionario: voto 5
Giorgia Meloni: anche lei è partita in quarta con la richiesta di impeachement per poi invertire la rotta, forse nella vana speranza di trovare all'ultimo momento uno spazio nel nascente governo. Ha replicato di Maio, con l'aggravante dell'irrilevanza. Voto 4.
Giuseppe Conte: professore e avvocato senza alcuna esperienza di incarichi politici e amministrativi, si ritrova ad essere presidente del Consiglio in un governo con due vicepresidenti piuttosto ingombranti. E' auspicabile che possa esercitare il suo ruolo come richiesto dall'articolo 95 Costituzione che gli conferisce la responsabilità della direzione della politica del governo. Saprà dirigere, o verrà diretto da Salvini e Di Maio? Nell'attesa di scoprirlo per lui un 6 di incoraggiamento.
Silvio Berlusconi: non ha nascosto il disagio per aver ceduto a Salvini la guida della coalizione di centro destra e alla fine ha dato il suo via libera alla Lega per l'alleanza di governo con i pentastellati. Ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco nella consapevolezza che un ritorno immediato al voto avrebbe fortemente penalizzato Forza Italia. Cerca di prendere tempo per sopravvivere politicamente. Voto 5,5
Partito Democratico: ostaggio delle solite divisioni interne, ha rinunciato ad esercitare qualsiasi ruolo nella crisi. Al momento la strategia politica elaborata dai suoi dirigenti è quella di mangiare i pop-corn. Voto: non pervenuto.