martedì 20 agosto 2019

Il taglio dei parlamentari, trionfo di demagogia

La rappresentanza è il fulcro della democrazia parlamentare. Lo avevano ben presente i Costituenti che nell'originaria formulazione della Carta avevano stabilito che vi fosse un seggio per ogni 80000 abitanti alla Camera e per ogni 200000 abitanti al Senato. In questo modo si volle stabilire un legame forte e capillare tra i cittadini e i loro rappresentanti. Uno spirito che venne confermato dalla riforma che nel 1963 fissò il numero di parlamentari in 630 alla Camera e 315 al Senato, ma che viene fortemente messo in discussione dal progetto di taglio dei parlamentari ( 400 alla Camera e 200 al Senato), alimentata dall'unica giustificazione di ridurre, in misura peraltro modesta, il costo della politica.
Intendiamoci: porsi il problema di un'eventuale riduzione dei parlamentari non è un sacrilegio. Ma è profondamente sbagliato compiere una riforma strutturale dell'assetto istituzionale con l'obiettivo evidente di acquisire un po' di demagogico consenso senza porsi minimamente il problema del miglioramento della qualità delle rappresentanza politica, che richiederebbe invece una riflessione ben più ampia sul bicameralismo perfetto e sul rapporto tra Parlamento e Governo.
Congegnata in questo modo, c'è il forte rischio che l'effetto principale della riforma sia quello di rendere ancora più distante il Parlamento dai cittadini, con questi ultimi che vedrebbero indebolirsi la capacità di controllare efficacemente l'operato dei propri rappresentanti. E' la demagogia che si divora la democrazia.

venerdì 16 agosto 2019

La crisi del governo Conte. Verso alleanza Cinque Stelle e Pd contro Salvini?

Ammaliato dalla sirene dei sondaggi elettorali che lo danno vincente, Salvini ha deciso di far scoppiare la crisi di governo in pieno agosto. Ma forse il leader leghista non ha fatto i conti con l'istinto di sopravvivenza delle altre forze politiche. A ventilare l'ipotesi di un governo istituzionale è stato per primo Matteo Renzi, consapevole che un ritorno in tempi brevi alle urne lo vedrebbe totalmente impreparato, e soccombente anche nei rapporti di forza all'interno del suo partito. D'altro canto i Cinque Stelle non hanno alcuna intenzione di rinunciare alla loro posizione di preminenza nell'attuale Parlamento, e per questo, al di là delle smentite ufficiali. sarebbero anche disposti a prendere in considerazione un accordo con i vecchi “nemici” del Partito Democratico. E' lecito domandarsi però come un patto tra grillini e dem possa reggere nel tempo alle prove del governo. Contrastare l'ascesa di Salvini non può essere l'unica motivazione dello stare insieme al potere. Immigrazione, sviluppo economico, giustizia, ambiente, Europa: sono troppi i temi in cui le rispettive visioni appaiono poco conciliabili, quando invece occorrerebbe avere un chiaro progetto comune per guidare l'Italia.