domenica 1 marzo 2009

Perchè il Papa non scomunica la finanza creativa?


Il papa lancia un appello a imprenditori e politici affinché si diano da fare per tutelare i lavoratori a rischio disoccupazione a causa della crisi. Anche volendo credere alla buona intenzioni di Benedetto XVI non posso non rilevare che questo tipo di invocazione serve più a dimostrare mediaticamente quanto si cristianamente in pena per le vittime della recessione che a dare una scossa al mondo economico. Se la Chiesa vuole essere più incisiva dovrebbe denunciare chiaramente a futuro monito la causa che ha dato origine alla peggiore crisi economica del dopoguerra: la spregiudicatezza di troppi finanzieri che ha potuto impunemente creare l'illusione che i soldi generassero da soli ricchezza come gli zecchini sul Campo dei Miracoli del Pinocchio di Collodi.
I maligni potrebbero pensare che se questa forte posizione non c'è è perché la Chiesa ha lo IOR che è visto a torto o a ragione come uno dei simboli di un potere ecclesiastico troppo materialmente orientato verso il mito del creare profitto tramite il denaro. Se questa maliziosa interpretazione colga nel segno francamente ha poca importanza. Quel che è certo (ed è questo il nocciolo del discorso) è che gli appelli come quello di Ratzinger oggi all'Angelus servono a poco. In esso manca tutto ciò che serve per uscire anche moralmente dallo stallo: quel coraggio e quella forza di giudizio che ebbe a suo tempo Giovanni Paolo II nel avvertire i mafiosi della prossimità del giudizio divino. Di fronte all'emergenza anche Ratzinger deve avere il coraggio di dire che arriva un momento in cui è necessario separare il grano dalla pula. Solo così il monito ai politici è efficace perchè anche in terra c'è bisogno che chi abbia sbagliato ( i finanzieri spregiudicati) renda conto dei propri errori

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