Il vertice tra Cina e Stati Uniti si è risolto in un nulla di fatto su tutte le questioni fondamentali: le sanzioni all'Iran che vedono Hu Jintao diffidente, la posizione sulla conferenza sul clima di Copenhaghen, il rapporto tra dollaro e yuan con la sottovalutazione della moneta cinese che preoccupa da tempo il Tesoro americano. Obama è apparso in difficoltà , stretto tra l'esigenza di stabilire un rapporto duraturo con Pechino e la sua aspirazione multipolarismo.
Chi rievoca uno scenario simile alla guerra fredda con Stati Uniti e Cina leaders di un mondo nuovamente diviso in blocchi dimentica che ciò che manca nello scacchiere attuale sono proprio i blocchi rigidamente contrapposti: se la vecchia Unione Sovietica era l'irriducibile nemico che si sapeva non poteva essere ricondotta dalla propria parte, la Cina invece appare pienamente coinvolta nel sistema capitalistico globale ( pur con una struttura statuale autoritaria). E Obama agisce nella condivisibile convinzione che più Pechina sarà partecipe delle relazioni internazionali più questo aiuterà a mantenere il tavolo delle regole stabile. Il problema del presidente americano risiede nella difficoltà a intrattenere i rapporti bilaterali da una posizione di forza, visto che Washington appare sempre più dipendente dall'afflusso di finanze e merci cinesi.
mercoledì 18 novembre 2009
Il fallimento del vertice tra Cina e Stati Uniti non rievoca scenari di guerra fredda
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