venerdì 26 giugno 2009

La ricandidatura di Franceschini alla guida del PD . Ragioni e ombre di un politico al bivio



Franceschini si ricandida a segretario in vista del congresso di ottobre. Subentrato a Veltroni , l'indomani del clamoroso rovescio in Sardegna, ha avuto il merito di riuscire a tenere a galla un partito che i sondaggi davano sull'orlo del crollo finale al trono al 22% dei consensi. Tuttavia alcune ombre aleggiano sul resto del suo operato. Aveva promesso che avrebbe tolto il disturbo proprio in occasione del congresso dopo aver proceduto a ringiovanire le strutture dirigenziali. La decisione di chiedere alla base di rinnovargli il mandato suona come l'ammissione di non essere riuscito a perseguire il suo obiettivo di rinnovamento. Sensazione amplificata dal messaggio video in cui dichiarava " non posso lasciare il partito a chi c'èra prima di me". Di fronte ai mugugni dei colonnelli il buon Dario si è affrettato a precisare che la sua accusa non era rivolta ad alcuna persona in particolare ma è chiaro che il riferimento a chi per 15 anni ha gestito il centro sinistra. I vari D'Alema, Fassino, Rutelli hanno sentito le loro orecchie fischiare e non hanno certo gradito. Anche a livello locale, la pesante sconfitta delle amministrative ha mostrato la resistenza dei cacicchi a difesa delle loro piccole posizione di potere, un conservatorismo sanzionato dall'elettorato in maniera esplicita.
Franceschini ha mostrato di sapersi opporre sul piano dialettico a Berlusconi con grinta ma anche esibendo contenuti. Tuttavia la sua funzione sarà quella di lavorare per far emergere la nuova classe dirigente. Per ora appare difficile rinvenire in lui la statura di leader politico capace di sfidare alle prossime politiche il Cavaliere. E la distanza tra le ambizioni da leader che sembra cullare e le più immediate necessità del Partito Democratico potrebbero essere un ostacolo al buon esito della sua missisone.

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