Ha fatto scalpore la dichiarazione di Marchionne al programma di Fabio Fazio secondo cui se la Fiat potesse tagliare l'Italia farebbe meglio. Le grida di coloro che si sono stracciati le vesti invocando un passato in cui l'azienda torinese è sopravvissuta grazie ai soldi dei contribuenti italiani non fanno altro che nascondere delle problematiche relative al presente e al futuro dell'industria italiana.
Anzitutto se è vero , come sostenuto da Marchionne, che l'Italia è al 118esimo posto su 139 per efficienza del lavoro e al 48esimo posto per la competitività del sistema industriale, come si spera di garantirci un futuro da Paese avanzato industrialmente? Questo dovrebbe essere uno dei nodi centrali che il sistema Paese dovrebbe affrontare, indipendentemente dalla presenza di Fiat.
In secondo luogo Marchionne al contrario di ciò che sembra sottendere il presidente della Camera Fini non fa di mestiere l'italiano o il canadese, ma l'amministratore delegato di una azienda automobilistica che se vuole rimanere in piedi deve sostenere una competizione durissima a livello globale. Agendo in un ottica multinazionale che non può più avere l'Italia , Paese di grandezza media e con un mercato pieno di rigidità, come centro operativa, Marchionne fa semplicemente gli interessi dei suoi azionisti di riferimento.
Siamo sicuri invece che la CGIL faccia gli interessi degli operai con una strategia che prevede il mantenimento di un esistente fatto di bassi salari e perenne cassa integrazione?
mercoledì 27 ottobre 2010
La strategia globale di Marchionne e quella italiana della CGIL
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