La Spagna è un Paese il cui modello economico non dovrebbe essere assolutamente imitato. Fino a pochi anni fa protagonista di una crescita imperiosa ma fondata sopratutto sul boom nel settore dei servizi e dell'immobiliare, non appena la bolla speculativa si è esaurita il suo sistema economico è crollato come un castello di carte. Ora Madrid si ritrova con un pesante deficit e con una stagnazione che durerà per tutto il 2010 e forse oltre.
Con un mercato del lavoro fortemente polarizzato tra chi è ipergarantito e chi invece poteva accedere solo a contratti da precario è chiaro che il peso della crisi sia stato sopportato sopratutto da questi ultimi: e questo spiega il drammatico dato del 20 % di disoccupazione.
Poi c'è il problema delle pensioni: in Spagna si va in pensione ufficialmente a 65 anni e questo sarebbe un dato accettabile; peccato che nella realtà tra il 2002 e il 2007 la media dell'età pensionabile dei lavoratori maschi era di 61 anni ; inoltre in media un lavoratore che si ritira in pensione otterrà l'81% del suo reddito precedente contro una media del 59% dei paesi dell'OCSE. Se a ciò si aggiunge che gli spagnoli hanno una delle più alte aspettative di vita del continente si capisce perché il sistema pensionistico spagnolo fa acqua da tute le parti.
Infine esiste il problema dell'economia sommersa: in Spagna il lavoro nero oscilla tra il 20 e il 25%.
Zapatero non sembra intenzionato per ora a portare avanti con incisività le necessarie misure per rimettersi in carreggiata.
Dopo quanto illustrato non ci vuole una mente particolarmente brillante per capire invece quanti punti in comune ci siano con l'Italia. Mi si potrà opporre che almeno noi abbiamo un sistema produttivo più vario e che riesce ancora ad avere un certo appeal all'estero. Però è' sufficiente questa differenza a sentirsi sicuri di non fare la stessa fine degli spagnoli?
mercoledì 12 maggio 2010
La crisi economica in Spagna e il disastro Zapatero. I punti di contatto con l'Italia
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