lunedì 10 maggio 2010

L'UE stanzia 500 miliardi di euro per evitare il baratro finanziario. Ora si torni all'economia reale.

E' servito un piano di 750 miliardi di euro, dei quali 500 messi dalla Ue ( 60 dalla Cammisione; 440; dagli Stati membri; il resto dall'FMI)per evitare che altri paesi seguissero il destino della Grecia verso il baratro finanziario. Si tratta di un'enorme massa di liquidità: tanto per rendere l'idea 600 miliardi sono più di un terzo del PIL italiano e oltre la metà del PIl spagnolo. Una mossa necessaria per fermare l'emorragia; ma che da sola non potrà assicurare che una situazione simili si ripresenti. Servono controllo più rigidi contro i movimenti speculativi e regole e sanzioni più rigide nei confronti degli Stati che cercano degli stratagemmi per mascherare i loro conti in rosso
L'altra misura che ha dato sollievo ai mercati è il fatto che la Bce si impegna per la prima volta acquistare sul mercato secondario i titoli di stato dei Paesi membri, in particolare di Portogallo e Spagna nel caso in cui essi si trovano di fronte a una speculazione al ribasso ai loro danni, e purché questi si impegnino a risanare i propri conti. Oltre a ciò, aggiungo io, si dovrà tornare a puntare sul rilancio dell'economia reale a scapito della finanza creativa. Basti pensare che gli Stati Uniti e l'Inghilterra hanno deficit più grossi di Spagna e Portogallo ma hanno un settore produttivo ben più solido che dà garanzie di copertura finanziaria che le deboli economie mediterranea in fase di stagnazione evidentemente non possono fornire.
Questo problema riguarda anche l'Italia: occorre che il nostro governo si impegni maggiormente nello snellimento della pubblica amministrazione, faccia una verifica dei costi-benefici del federalismo per verificare se sia opportuno portarlo avanti in questa delicata fase di, attui un piano di lotta all'evasione fiscale, agisca per liberalizzare i mercati interni, in particolare quello delle professioni in modo da dare fiato alle energie più vitali imprigionate dai corporativismi.
Sono misure necessarie a risollevare i nostri conti pubblici e dare nuova spinta alla produzione. Non avere il coraggio di prenderle ci potrebbe portare in un futuro non troppo remoto a una situazione simile a quella greca.

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