Non vi è dubbio che sia necessaria una riforma del sistema giudiziario. L'avvilente spettacolo dato dalle procure di Salerno e Catanzaro che come in una guerra tra bande si scambiavano accuse di reato in relazione al caso De Magistris e allo svolgimento dell'inchiesta Why not lascia nel cittidino la sgradevole sensazione di una magistratura in corto circuito, incapace di svolgere la propria funzione con serenità. Ma rimane il dubbio che i politici nel richiamare questa necessità , non pensino tanto all'esigenza di tutelare il comune cittadino, quanto se stessi. Una riforma ben fatta dovrebbe anche affrontare il nodo dell'eccessiva durata dei processi. Ma dato che gli avvocati hanno tutto l'interesse ad allungare questi tempi per guadagnare di più e che essi sono la corporazione più rappresentata in Parlamento è difficile pensare che si facciano le leggi contro i loro interessi. E qui veniamo al conflitto di interessi tra il ruolo di parlamentare e quello dell'esercizio delle professione forense. Poiché l'avvocato, in qualità di tecnico del diritto, potrebbe essere portato a usare il Parlamento per farsi le leggi di cui si può avvantaggiare nella sua professione, non sarebbe opportuno stabilire l'incompatibilità di ruoli per cui l'avvocato che entra il parlamento per tutta la durata della legislatura non può esercitare?
lunedì 15 dicembre 2008
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2 commenti:
Post molto lucido.
Io voglio solo aggiungere che quando la politica vuole "riformare" la magistratura" (che non è perfetta, chiaro) in realtà voglio "imbavagliare" i magistrati non asserviti.
Il clima è brutto.
Sussurri obliqui
torniamo alla questione del titolo: riforma o tentativo di garantirsi l'impunità? o forse un modo sofisticato per ritornare all'immunità parlamentare?
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