lunedì 13 giugno 2011

Acqua e nucleare, nel referendum vince l'Italia gattoparda

A una prima lettura l'esito del referendum mi spingerebbe a brindisi e canti di giubilo. Gli italiani hanno disubbidito al Cavaliere. Per ben due volte : andando a votare e dichiarandosi contrari alla legge salva-Papi. Poche settimane dopo l'esito delle amministrative un nuovo rovescio per Berlusconi. Forse un segnale della volontà di girare definitivamente pagina
I risultati sono una prima risposta a coloro che per anni si sono ostinati a proporre quesiti sulla supercazzola lubrificata del sarchiappone americano salvo poi scandalizzarsi per l'incomprensibile assenteismo dell'elettorato. Questa grande risposta partecipativa è merito dei social network? Forse, ma in realtà è bastato sopratutto proporre quesiti chiari, che impattano sul vivere quotidiano delle persone perché non ci vuole un fine giurista per capire che il legittimo impedimento significa che la legge per qualcuno è più uguale degli altri cittadini né essere degli ingegneri per dire se il nucleare ti piace o meno. Non mi illudo comunque: questi soggetti non si fanno scoraggiare dall'evidenza contraria e alla prima occasione torneranno alla carica con un referendum sulla legalizzazione delle flatulenze negli autobus pubblici e con la loro ossessione quorumicida. Sarà allora importante ricordare loro che in una democrazia conta la volontà della maggioranza e che alla minoranza non basta autoproclamarsi migliore per dimostrare di avere ragione.
La parentesi dell'euforia termina non appena riprendo lo spunto iniziale: siamo proprio sicuri che dopo questi referendum ci aspetta un cambiamento , un'Italia migliore? Ho più di un dubbio se si considera che coloro che hanno sostenuto la consultazione sul nucleare e sull'acqua pubblica sono gli stessi che negli ultimi decenni non sono stati in grado di proporre uno straccio politica energetica alternativa e di suggerire un valido sistema alternativo a quello delle municipalizzate che, attualmente gestiscono i servizi pubblici locali in maniera per lo più inefficiente e molto costosa. Tra l'altro va osservato come le deformazioni ideologiche sul referendum dell'acqua abbiano creato un vero e proprio mostro virtuale: l'oggetto del quesito non era la privatizzazione dell'acqua come hanno propagandato i promotori, ma l'obbligatorietà della gara per aggiudicarsi la concessione che tra l'altro avrebbe potuto essere vinta anche da una società pubblica, per non parlare della deroghe previste dalla legge.
Dire NO è sempre la parte più semplice della recita. Poi arriva il momento della responsabilità e bisognerà indicare come uscire dall'attuale disastrosa situazione energetica che vede l'Italia con il costo più alto dell'energia elettrica e dove trovare le decine di miliardi di euro necessari a rimodernare un sistema di gestione e distribuzione dell'acqua a pezzi. I liquidi ( intesi come denari) verranno presi dalla tasche degli italiani tartassati che già ora boccheggiano per la crisi? E hai voglia a cianciare di sviluppo, ripresa economica e occupazione se le nostre imprese non possono disporre di energia a costi competitivi. Il timore fondato è che saranno i gattopardi a monopolizzare la scena e dietro la rivoluzionaria volontà di cambiare il manovratore, si finisca per lasciare sonnacchiosamente tutto il resto invariato.

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