La Turchia, Paese che durante la guerra fredda aveva un ruolo di semplice sentinella sul fianco sud della NATO è ora la locomotiva economica dell'Europa: la crescita del PIL della Turchia nel 2011 ( 8,5 per cento ) non è stato molto inferiore a quello della Cina . I progressi sono fortemente connessi con lo sviluppo urbano: Istanbul è passata dal milione e mezzo di abitanti del 1995 ai 12 milioni del 2012 ed è divenuto un dinamico centro finanziario.
I controversi giudizi sul partito al governo: Giustizia e sviluppo ( AKP) discende da un movimento apertamente islamico fondato nel 1960 ma rifiuta la definzione di partito islamista e da dieci anni al potere è la forza politica che ha saputo meglio incarnare questa rapida ascesa economica e sinora non ha intaccato la costituzione laica del Paese. Piuttosto si propone come un partito conservatore che guarda alla religione nella vita pubblica come come strumento più grande per rendere la Turchia più pienamente democratica. Una distinzione ambigua e sottile che non cessa di preoccupare i suoi critici. Il suo laeader e capo del governo Recep Tayyip Erdoğan anni addietro paragonò i fedeli a dei soldati e fu fotografo con capi militari afghani talebani ma deve la sua ascesa politica alle buone qualità di amministratore mostrate da sindaco di Istanbul.
La condizione femminile. Lo stato laico creato da Ataturk ha dato alle donne turche diritti e libertà assenti in molti altri paesi a maggioranza musulmana. Il suffragio universale è stato introdotto nel 1930, la legge islamica sostituita con codici di ispirazione europea, la poligamia proibita. Ma il partito AKP ha cercato di far reintrodurre l'uso del velo per le donne nelle università con una legge bocciata dalla Corte Costituzionale. Uno studio del World Economic Forum ha rivelato che il gap di genere in Turchia resta tra i più alti del pianeta: solo un quarto delle donne turche adulte lavorano. E secondo studi recenti il 42,5% delle donne sopra i 15 anni ha subito violenze fisiche o psicolgiche da mariti o compagni.
Una stampa parzialmente libera. per un verso c'è un discreto pluralismo dell'informazione con 35 testate nazionali e numerosi canali video via cavo e satellitari. Per contro il bacino di utenza dei giornali con 4, 5 milioni di lettori nel Paese resta molto ridotto.I proprietari dei media tendono a farne un uso strumentale al perseguimento di interessi finanziari esterni e a cercare di compiacere il governo, che oltretutto ha il potere di nomina del capo della televisione di Stato. Infine oltre 100 giornalisti sono attualmente in carcere per lo più per reati connessi alla libertà di stampa così come molti tra coloro in custodia cautelare sono attivisti curdi arrestati con l'accusa di favoreggiamento al terrorismo.
Il ruolo dell'esercito.Le forze armate turche nella loro missione di difendere il paese si sono preoccupate sopratutto di difendere il Paese dai nemici interni - identificati di volta in volta nel radicalismo politico, nelle forze religiose reazionarie o nel separatismo curdo. La Turchia in tre circostanze ha conosciuto un interregno con i militari direttamente al potere (1960-1961, 1971-1973 e 1980-1983) e nel 1997 i militari fecero pressioni sul governo di coalizione eletto del paese, causandone la caduta. Il governo Erdogan sembra essere riuscito a frenare questa invadenza degli ufficiali con la scoperta di una organizzazione di cospiratori nota come Ergenekon di cui facevano parte anche militari: il 15 per cento degli alti ufficiali sono ora sotto processo per aver complottato per rovesciare l'Akp dal potere, e anche gli organizzatori di un colpo di stato nel 1980 - compreso l'ex presidente Kenan Evren - sono anch'essi sotto processo .
Un islam a più facce. Accanto al sunnismo, i cui principi vengono insegnati anche a scuola e che costituisce la fazione islamica prevalente in Turchia, risiede una minoranza di Aleviti comprendenti almeno il 15 per cento della popolazione e che pratica una varietà dell'islam sciita che incorpora elementi di misticismo e religione popolare, e, in alcuni casi, mostra una indifferenza a molte delle pratiche connesse con l'Islam tradizionale - tra cui il digiuno obbligatorio durante il mese di Ramadan e persino il pellegrinaggio alla Mecca. Gli aleviti si considerano dei sostenitori della laicità dello Stato anche perché le istituzioni consentono loro di portare avanti con tolleranza la loro particolare cultura religiosa dissonante dall'ortodossia.
I Rapporti con l'UE.Da tempo la Turchia ambisce a diventare uno Stato membro dell'Unione Europea. Già nel 1959 aveva presentato domanda di associazione all'allora CEE e nel 1963 aveva siglato un accordo che doveva costituire il preludio all'adesione alla Comunità europea. Sono passati 50 anni ma passi in avanti non se ne sono fatti: nel 2005 i negoziati tra Ankara e Bruxelles si sono conclusi con un nulla di fatto. Dal 1996 la Turchia ha costituito con l'Unione europea un Unione dogonale che consente il libero scambio tra prodotti europei e turchi. Ma Fintanto che la Turchia non è un membro a pieno titolo dell'UE, rimane al di fuori delle decisioni del Consiglio dell'UE anche per ciò che riguarda l'Unione doganale. Ciò significa che Ankara applica un regime tariffario dell'UE su cui non ha voce in capitolo, e che il suo commercio con i paesi extraUE viene regolato a Bruxelles. La Turchia è il quinto Paese di destinazione per le merci europee esportate. E infatti tra i fautori dell'ingresso del Paese nell'Unione vi sono coloro che guardano con interesse all'incorporazione di un mercato molto promettente per le merci e i prodotti finanziari del vecchio continente
mercoledì 11 aprile 2012
Le contraddizioni della Turchia tra boom economico, laicità, diritti umani e rapporti con l'UE
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