mercoledì 28 marzo 2012

Il potere finanziario della Cina sopprimerà la democrazia?

Mario Monti si è recato in Estremo Oriente con il dichiarato obiettivo di riuscire ad attrarre da quella regione investimenti verso il nostro Paese. E il presidente cinese Hu Jintao ha strizzato l'occhio ai desiderata del nostro premier promettendo il prossimo avvento in Italia di massicci capitali. L'economista Monti si muove sul presupposto che sviluppare intensi rapporti con un gigante economico come la Cina costituisca un'occasione per stimolare la crescita italiana. Ma si affacciano anche inside politiche a far da contraltare ai vantaggi economici. L'ingresso della Cina nell'organizzazzione mondiale del commercio venne favorito anche nella convinzione che un apertura di quella nazione al mercato globale avrebbe stimolato anche la diffusione dei diritti civili e politici a beneficio dell popolo cinese. Da allora sono passati 11 anni e le speranze di un'apertura democratica della Cina si sono rivelate illusorie: allo sviluppo economico non si è accompagnata una crescita delle libertà democratiche e il partito comunista cinese continua a reprimere violentemente ogni manifestazione di dissenso interno verso i suoi sistemi di gestione del potere.
Per di più i rapporti di forza si sono invertiti in breve tempo e la Cina da territorio di conquista si è tramutato in un colosso in grado di imporre la sua influenza finanziaria e politica al più alto livello con le tradizionali potenze ( compresi gli Stati Uniti) che si trovano sempre più spesso a dover giocare in difesa di fronte alla sua spregiudicata aggressività.
Per l'Italia favorire la penetrazione nella nostra realtà economico-finanziaria dei grandi capitali provenienti da regimi che con il rispetto dei diritti umani e del pluralismo democratico hanno poca a nessuna dimestichezza potrebbe risultare un processo arduo da controllare, comportando lo spiacevole corollario di una colonizzazione economica cui faccia conseguentemente seguito la svendita di quei diritti faticosamente conquistati dalle democrazie liberali. Un rischio di cui il Monti presidente del Consiglio dovrebbe tenere adeguatamente conto.

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