mercoledì 7 dicembre 2011

La riforma delle pensioni di Elsa Fornero essenziale per il futuro dei giovani

Introduzione del contributivo per tutti, innalzamento dell'età pensionabile a 66 anni da subito per gli uomini ( per le donne ci si arriverà per gradi nel 2018) e possibilità di andare in pensione con 42 anni di contributi per gli uomini e 41 per le donne;  rapida estinzione delle pensioni di anzianità: la riforma previdenziale predisposta dal ministro Elsa Fornero rappresenta una rivoluzione copernicana del welfare, difficile da comprendere nella sua pesantezza ma assolutamente necessaria. Bastano i dati del rapporto OCSE "Pensions at a glance 2011" a ricordarci l'insostenibilità intergenerazionale del precedente sistema: l'Italia spende per la previdenza il 14% del PIL, il doppio dell media dei Paesi OCSE; l'età media di pensionamento è inferiore di quasi 3 anni per gli uomini ( 61,1 contro 63,9) e di 4 anni per le donne (58,7 contro 62,5) rispetto alla media OCSE. I tassi di attività delle persone appartenenti alla fascia tra i 55 e i 69 anni rimangono inferiori rispetto alla media OCSE: 62% degli uomini di età compresa tra 55-59 è inserita nel mercato del lavoro rispetto a circa il 78% nei paesi dell'OCSE. Una percentuale che scende ulteriormente con l'età: solo il 30% delle persone di età 60-64 e circa il 13% nel fascia di età 65-69 partecipa al mercato del lavoro rispetto al 54,5% e 29,3% della media OCSE. Nonostante ciò  il tasso di sostituzione tra l'assegno di pensione e l'ultima retribuzione lavorativa resta più alto rispetto agli altri Paesi dell'OCSE.
Della riforma ci sono anche elementi che fanno storcere il naso come il blocco delle indicizzazioni per le pensioni al di sopra dei 936 euro ( in Commissione parlamentare è stato proposto di innalzare il limite a 1400 euro). Inoltre visto che la stretta attuale è dovuta a decenni di lassismo non sarebbe stato scandaloso chiedere un contributo a coloro che si sono avvantaggiati del generoso sistema retributivo e delle baby pensioni. Ma era questa la direzione da seguire per un Paese che invecchia e in cui il carico di produrre beni e servizi sarà sulle spalle di sempre meno lavoratori, quei giovani che così possono avere ancora una prospettiva di futuro.

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