venerdì 13 luglio 2012

Perchè Monti ha ragione sulla concertazione

In una nuova puntata dello scontro intrapreso contro i corporativismi che affliggono il nostro Paese, il premier Monti si scaglia contro gli abusi della concertazione. Il premier parla di "Esercizi profondi di concertazione in passato hanno generato i mali contro cui noi combattiamo": un giudizio impietoso ma per quanto mi riguarda assolutamente condivisibile.
In alcuni momenti la concertazione ha avuto anche riflessi positivi: la politica dei redditi del 93 ha consentito di controllare i prezzi e mantenere la competitività del sistema Paese in un periodo di grave crisi. Ma la concertazione non è stata solo la procedura che in nome dei superiori interessi generali poteva far temporaneamente compartecipare le parti sociali alle scelte politiche. La concentrazione si è tramutata in una cogestione ordinaria fatta di veti corporativi incrociati che per decenni ha impedito di affrontare nodi cruciali come quello delle pensioni e in una contrattazione continua sulla gestione delle risorse sfociata nell'abnorme incremento della cosa pubblica. E'una verità scomoda che di cui i principali beneficiari ( Confindustria e sindacati) non vogliono prendere atto ma che il presidente del Consiglio fa bene a rammentare.
In un Paese che funziona ruoli e responsabilità devono essere chiaramente delineati; e per ciò che concerne la determinazione delle politiche generali il governo può consultarsi con i rappresentanti dei gruppi sociali, ma in definitiva solo a lui deve rimanere la competenza di decidere. La concertazione nel divenire il metodo ordinario per stabilire le politiche economiche e sociali va contro questa necessità di assunzione di responsabilità si è risolta spesso in infinite e inconcludenti trattative in cui per non scontentare nessun particolarismo dei potentati si finiva per rinviare o per arrivare a mezze decisioni: ciò ha contribuito a ingessare la società italiana rendendola incapace di intraprendere quelle svolte radicali di cambiamento, della cui mancanza oggi scontiamo il peso.

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