giovedì 19 luglio 2012

Verità e Costituzione: il conflitto tra Napolitano e procura di Palermo sulla trattiva tra Stato e Mafia

Sull'utilizzo delle telefonate avvenute tra Mancino e Napolitano esiste un conflitto tra la presidenza della repubblica e i Pm di Palermo.
In cosa consiste questo conflitto istituzionale? Secondo il Quirinale va immediatamente distrutto il contenuto di quelle telefonate in quanto registrate in violazione delle prerogative del presidente della repubblica che è irresponsabile nell'esercizio della sue funzioni e secondo l'art. 7 della legge 219/89 non può essere intercettato salvo per i reati di alto tradimento e attentato alla Coastituzione previsti dall'art 90 della Costituzione, previa autorizzazione del Parlamento e solo dopo la sospensione dalla carica da parte della Corte Costituzionale; invece a parere dei magistrati poichè ad essere intercettata era l'utenza di Mancino e non quella di Napolitano, l'acquisizione delle telefonate è legittima, non è stata fatta in contrasto con quanto disposto dall'articolo 90 della Costituzione in materia di irresponsabilità del presidente della repubblica e dunque la loro valutazione e l'eventuale distruzione dovrà avvenire secondo l'iter ordinario ovverosia previa autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, sentite le parti.
Appurata l'esistenza del conflitto tra poteri dello Stato, il presidente della Repubblica non ha fatto altro che rivolgersi alla Corte Costituzionale l'organo deputato alla loro risoluzione ex articolo 134 della Carta. Tuttavia quasi ad anticipare il verdetto della Consulta un gran numero di costituzionalisti ( per citarne solo alcuni Michele Ainis, Stefano Ceccanti, Ugo De Siervo, Francesco Clementi, Cesare Mirabelli, Valerio Onida) fa notare come la tesi della legittimità dell'intercettazione indiretta appaia alquanto precaria: in questo modo si potrebbe facilmente aggirare il divieto di intercettazione, ponendo sotto indagine il maggior numero possibile di personalità con cui il Presidente della repubblica è solito avere dei contatti.
Tra l'altro poiché due indagati sulla trattativa tra Stato e mafia all'epoca dei fatti erano ministri ( Nicola Mancino, all'interno e Giovanni Conso alla giustizia) alcuni studiosi ritengono di ravvisare nel comportamento della procura palermitana anche la violazione dell'articolo 96 della Costituzione della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 in base alla quale gli atti devono essere trasmessi entro 15 giorni, «omessa ogni indagine», al cosiddetto tribunale dei ministri, che, svolta una rapida istruttoria, deve entro 90 giorni (prorogabili al massimo di altri 60) o disporre l' archiviazione, ovvero chiedere l' autorizzazione a procedere alla Camera competente.
Il sospetto instillato da alcuni giornalisti secondo cui Napolitano abbia sollevato tale conflitto perché c'è qualcosa da nascondere è semplicemente ridicolo oltre che gravemente diffamatorio per l'autorevolezza del Capo dello Stato giacché è stata la stessa procura di procura di Palermo a comunicare all'avvocatura dello Stato l'irrilevanza penale per il procedimento delle comunicazioni intercettate tra Mancino e Napolitano per cui "non ne prevede alcuna utilizzazione investigativa o processuale, ma esclusivamente la distruzione da effettuare con l'osservanza delle formalità di legge".
E' fondamentale  in uno stato di diritto che i magistrati non considerino un ostacolo alla loro attività il rispetto delle procedure della più importante delle leggi, la Costituzione, oltreché delle figure istituzionali come il Presidente della repubblica poste a garanzia dell'ordinamento. Senza questo rispetto qualsiasi aspirazione alla ricerca della verità dei fatti risulterebbe vana.


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