giovedì 3 maggio 2012

Il taglio delle pensioni d'oro dei manager pubblici a rischio di incostituzionalità

Le pensioni d'oro dei supermanager pubblici sono un privilegio di discutibile moralità tanto più in questo periodo di crisi in cui la stragrande maggioranza degli italiani tira la cinghia incravattata da un fisco divenuto oppressivo per il contribuente onesto. Ma l'emendamento con cui è stato abrogata la salvaguardia dei trattamenti pensionistici pensionistici già maturati dai dirigenti pubblici prima dell'entrata in vigore del decreto salva italia è a forte rischio di incostituzionalità. Infatti il testo legislativo stabiliva che il nuovo e più basso stipendio dei super manager non potesse essere applicato "in riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere dal 22 dicembre 2011, data di entrata in vigore del decreto salva Italia (che stabiliva a 293000 euro annui la nuova soglia massima degli stipendi pubblici) qualora fossero già maturati i diritti per andare in pensione. In questo modo il governo intendeva evitare i ricorsi alla Corte Costituzionale che già in altre sentenze ( come la 264/1994) ha escluso dal computo dell'assegno previdenziale già maturato, i successivi trattamenti economici inferiori.
In soldoni significa che se un dirigente danneggiato dall'abrogazione della norma farà ricorso alla Consulta ( vedi sentenza 264/1994), questa con molta probabilità gli darà ragione, ripristinando la situazione pregressa. Ad aggiungere la beffa ci potrebbe essere un ulteriore aggravio per la casse dello Stato con il risarcimento danno e il rimborso delle spese processuali. L'emendamento proposto da Idv, Lega e PDl appare più che altro una mossa di propaganda in vista delle imminenti elezioni amministrative che rischia di aggravare i problemi invece di attenuarli .

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