credo sia utile a proposito del fallimento delle agenzie di rating nella valutazione dei titoli collegati alla cartolarizzazione dei mutui Usa vedere cosa ne scrive Mario Seminerio su epistemes.....
http://epistemes.org/2007/08/17/good-morning-moodys/#more-371
Chris Mahoney, vicepresidente di Moody’s ha dichiarato, nel corso di una conferenza telefonica, di temere un default di fondi hedge di portata comparabile a quello che nel 1998 colpì Long Term Capital Management, “il fondo dei Nobel”, costringendo le banche centrali, sotto il coordinamento della Fed, ad intervenire con una serie di tagli ai tassi d’interesse. L’incapacità del mercato a prezzare gli asset rischiosi si tradurrebbe in una disordinata liquidazione delle posizioni, sotto la pressione delle richieste di rimborso da parte dei clienti, ed innescando l’evaporazione della liquidità di mercato, reso improvvisamente cieco nel quantificare la reale entità delle perdite subite dagli intermediari.
E’ lo scenario che stiamo vivendo in questi giorni, in effetti. Peccato che Moody’s (e le altre due grandi agenzie di rating, Standard&Poors e Fitch) sia la stessa agenzia che, fino a luglio, non aveva ritenuto di dover procedere a tagli di rating (cioè di merito di credito) anche di fronte al fatto compiuto, quando cioè alcuni titoli aventi come sottostante gli ormai famigerati mutui subprime quotavano intorno ai 50 centesimi per ogni dollaro di valore nominale originario.
Oggi siamo al paradosso di un’agenzia di rating che esprime timori “qualitativi” ed astratti (più simili alle chiacchiere da salotto, ad essere sinceri) circa la solvibilità di quegli stessi hedge fund che, in larga misura, stanno soffrendo anche a causa dell’affidamento posto su rating dimostratisi privi di valore. Le azioni di Moody’s, da inizio anno, hanno perso circa il 35 per cento del proprio valore, a causa delle turbolenze sul credito e dal crescente danno reputazionale, ed hanno subito un ulteriore colpo dall’iniziativa del Commissario Ue ai Servizi Finanziari, Charlie McCreevy, di aprire un’inchiesta su ruolo e funzionalità delle agenzie di rating in termini di valutazione del management, gestione dei conflitti di interesse e risorse utilizzate dalle agenzie medesime per formulare le proprie valutazioni di affidabilità creditizia.
Iniziativa colta al volo dal presidente Francese Sarkozy, che ha scritto al Cancelliere Merkel per porre il tema del ruolo e dell’affidabilità delle agenzie di rating tra i principali temi in agenda ai prossimi vertici internazionali. Difficile non pensare che il “direttorio” franco-tedesco tenterà di mettere a segno un nuovo colpo, magari sponsorizzando la creazione di un ente pubblico europeo di valutazione del rating, finanziato dalla Ue. Una risposta sbagliata ad un problema reale.
Mettere sotto inchiesta comunitaria alcune aziende private che hanno venduto i propri servizi, in regime di libera contrattazione, ad acquirenti rappresentati da altre aziende è un non-senso. Se le valutazioni delle agenzie si sono dimostrate sbagliate dovrebbe essere il mercato, e non Bruxelles, a sanzionare. A meno di non trovarsi di fronte ad un insuperabile caso di “fallimento del mercato” (causato dalla asimmetria informativa tra debitori ed agenzie di rating, più che dal conflitto d’interessi di queste ultime), invocato per permettere a Sarkozy e ad altri governi europei di “farsi in casa” l’agenzia di rating, che esprimerebbe valutazioni non solo e non tanto sul merito di credito dei privati, quanto dei governi.
Il conflitto di interessi alla base del fallimento del mercato, scacciato dalla porta, rientrerebbe dalla finestra, e sarebbe di dimensioni e problematicità ben maggiore, sanzionando il fallimento anche della “guida” pubblica nel processo di valutazione del merito di credito. Non abbiamo risposte: crediamo che la crisi attuale rappresenti un momento di discontinuità nella storia del rating e dei soggetti che lo certificano, e osserviamo con interesse il percorso evolutivo di questa crisi “istituzionale”. Nel frattempo, tuttavia, mentre noi siamo socraticamente privi di risposte, il governo italiano resta desolatamente afasico e privo di domande, anche di fronte all’attivismo del presidente francese. Qualcuno ne dubitava?
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