mercoledì 11 ottobre 2017

La Spagna e i limiti del rigore legale sulla Catalogna

Per provare a uscire dall'impasse il presidente della Catalogna Puigdemont prende tempo e si inventa una secessione “creativa”, prima dichiarata e subito sospesa, nella speranza che si apra un dialogo con Madrid o che arrivi dalla comunità internazionale un appoggio per ora improbabile, alle sue istanze separatiste. La richiesta di dialogo è ovviamente per ora una finzione scenica in quanto si basa sull'accettazione di una condizione che è invece irricevibile dalla controparte.
Tuttavia va detto che nel corso degli ultimi anni il governo spagnolo nel confrontarsi con le istanze autonomiste di Barcellona ha perseguito una linea fortemente legalitaria che in alcuni casi è sfociata in azioni repressive rivelatesi controproducenti. Le violenze compiute dalla Guardia Civil nei confronti dei cittadini inermi che si recavano alle urne il 1 ottobre hanno segnato un deciso punto a sfavore della strategia rigorista del premier di Rajoy. Se per un verso Madrid ha il diritto di tutelare la propria sovranità, va anche sottolineato che l'opposizione centralista a qualsiasi dialogo su un possibile ulteriore aumento delle prerogative di autogoverno catalane ha fatto aumentare il consenso popolare attorno alle pozioni degli indipendentisti. In particolare dopo la sentenza del Tribunale Costituzionale che su istanza del Partito Popolare nel 2010 dichiarava illegittimi una serie di articoli dello Statuto catalano, le manifestazioni contro Madrid si sono fatte sempre più frequenti e partecipate. Non si può pensare di rispondere al forte malcontento di una parte consistente dei catalani con la sola arma della rigida applicazione della legge. Occorre provare a riscoprire lo strumento di un autentico dialogo e per questo qualora da parte catalana giungano sinceri gesti distensivi il governo spagnolo farebbe bene a coglierli.

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