lunedì 26 giugno 2017

Ai ballottaggi crisi di partecipazione. Vince il centrodestra e Renzi minimizza

La partecipazione è uno degli elementi essenziali della vita democratica. Quando i cittadini reagiscono con abulia o assenza agli affari della politica ci si trova a un sintomo di precaria salute della democrazia che dovrebbe allarmare. Il fatto che al turno di ballottaggio delle amministrative si sia recato alle urne solo il 46% degli aventi diritto dovrebbe essere in cima alle attenzioni di una classe dirigente a cui stiano a cuore la solidità dei valori democratici. Invece i commenti dei politici si caratterizzano o per i toni trionfalistici di chi ha vinto ( il centrodestra) o per il tentativo di minimizzare la portata del voto da parte di chi ha subito una battuta di arresto ( il centrosinistra e i cinque stelle). L'analisi politica è oramai esclusiva valutazione del contingente e del “particulare”. Non vi è attenzione per i sintomi patologici , né tantomeno per la ricerca di soluzioni al male di una cittadinanza che si sta tramutando in sudditanza.

Evidente l'affermazione del centrodestra che ha conquistato 16 comuni capoluogo rispetto ai 6 che deteneva dalle precedenti elezioni. Il centrosinistra invece perde ben 9 comuni capoluogo ( tra cui Genova e l'Aquila) e diverse decine di centri con più di 15000 abitanti ( 56 rispetto ai 93 delle precedenti elezioni). Una sconfitta che per Renzi non costituisce un campanello d'allarme. Quella del segretario del PD è un'affermazione grave tanto più se si considera che il risultato odierno fa seguito alla perdita di città come Torino e Roma avvenuta l'anno scarso. Ma non è sorprendente poiché Renzi vede oramai il partito come uno strumento per ritornare a Palazzo Chigi e riprendersi la rivincita personale dopo la batosta referendaria, mentre gli interessa assai meno che nel frattempo il partito Democratico rischi di andare progressivamente incontro all'erosione di un patrimonio di competenze di governo locale e legami con il territorio. D'altronde il segretario di un partito come il PD dovrebbe essere prima di tutto la guida di un popolo; ma se questo popolo è erede di un patrimonio di valori di sinistra in cui Renzi non si riconosce molto ,allora recidere quei legami può essere anche parte integrante di quel processo di trasformazione che vorrebbe portare il PD a essere più centrista e attrattivo verso gli elettori di centro-destra.

lunedì 19 giugno 2017

La sfida di Macron: ridare fiducia alla Francia

In Francia le legislative hanno confermato il successo già ottenuto da Macron alle presidenziali: il suo partito La Republique En Marche con il suo alleato Mouvement Democrate di François Bayrou possono contare sula maggioranza assoluta di 350 deputati su 577 dell'Assemblea nazionale. Un mandato chiaro, favorito dal sistema elettorale maggioritario a doppio turno, che conferisce al nuovo presidente piena libertà di azione e contemporaneamente la responsabilità di essere all'altezza delle aspettative di rinnovamento concentratesi nella sua persona. I due partiti tradizionalmente cardini della politica nella V repubblica francese escono fortemente ridimensionati, in particolare i socialisti che con soli 29 seggi sono a rischio sopravvivenza. Ma anche Les Repubblicaines con i loro 112 seggi avranno difficoltà nello svolgere un'opposizione incisiva e a portare avanti l'eredità del gollismo. L'estrema sinistra conferma le sue ataviche divisioni: tra comunisti, sostenitori di Melenchon e altri gruppuscoli di sinistra il bottino è di poche decine di deputati che li destina a un ruolo di mera rappresentanza con scarse possibilità di influenzare l'attività parlamentare. Stesso ragionamento può farsi per l'estrema destra del Front National: Marine Le Pen ottiene 8 seggi neppure sufficienti a formare un gruppo parlamentare.
Le elezioni sono state segnate dal fortissimo astensionismo: ha votato appena il 42% degli aventi diritto. Una partecipazione così scarsa è comunque un segnale di precaria salute per una democrazia. Restituirle nuovo vigore è la sfida più importante e difficile che attende Macron e il suo governo.

lunedì 12 giugno 2017

Il flop dei Cinque Stelle alle Elezioni Amministrative 2017

Il dato più eclatante del primo turno di amministrative è la sconfitta dei cinque stelle che non portano un loro candidato al ballottaggio in nessuna delle città principali. L'exploit del 2016 in cui erano riusciti a conquistare il successo a Torino e Roma non si è ripetuto, a testimoniare la persistente inadeguatezza dei pentastellati nel formare una classe dirigente locale credibile. Ma recitare il de profundis dei grillini sarebbe sbagliato, dato che a livello politico nazionale essi mantengono la capacità di intercettare il consenso di un vasto elettorale scontento per la precaria situazione socioeconomica del Paese.
Nel complesso si registra una profonda frammentazione del voto: nessuna delle forze politiche riesce a ottenere consensi tali da permetterle di vincere al primo turno. La stagione dei sindaci,visti nell'immaginario collettivo come capaci di rimettere in sesto le città sta vivendo un momento di evidente appannamento e coloro che saranno chiamati a amministrare i comuni più che al decisionismo dovranno spesso fare ricorso alla virtù del compromesso nella ricerca di alleanze.

sabato 10 giugno 2017

I guai dei tories: dopo Cameron anche Theresa May inciampa sulle urne

Ancora una volta i conservatori inglesi hanno sbagliato le mosse. Cameron aveva indetto il referendum sull'Europa nella convinzione di poter ottenere un mandato più solido e si ritrovò la Brexit e le dimissioni da premier. Chi ha preso il suo posto, Theresa May, ha sciolto in anticipo il Parlamento allo scopo di ottenere con nuove elezioni una maggioranza più forte che le consentisse di negoziare da posizioni di forza l'uscita britannica dall'Unione Europea. Il risultato delle urne è stato disastroso: con 318 seggi ora la May ha perso la maggioranza e per governare avrà bisogno dell'appoggio dei 10 parlamentari unionisti nord-irlandesi, con la fronda interna rinvigorita e pronta a chiedere la sua testa alla prima occasione utile.
L'altro dato elettorale più rilevante è la concentrazione del voto attorno ai due grandi partiti tradizionali: conservatori e laburisti hanno ottenuto oltre l'80% dei consensi e in particolare il Labour di jeremy Corbyn, che partiva da posizioni considerate dagli osservatori vetero-socialiste e molto precarie, e ha invece mostrato di saper condurre una campagna elettorale appassionata, seducendo i giovani e raggiungendo la quota del 40% dei voti, appena il 2% in meno dei Tories. Da registrare il netto calo dei nazionalisti scozzesi che perdono 21 seggi; ma sopratutto il crollo dei nazionalisti dell'UKIP passati dal 12,6% del 2015, a un misero 1,8%: la loro funzione politica sembra essersi esaurita dopo il voto sulla Brexit e i relativi consensi si sono quasi tutti trasferiti verso i conservatori.

martedì 6 giugno 2017

I sauditi contro il Qatar per isolare l'Iran

La decisione con cui l'Arabia Saudita e altri cinque Paesi hanno rotto temporaneamente le relazioni diplomatiche con il Qatar accusandolo di sostenere rapporti con le organizzazioni terroristiche si basa su un pretesto. Non perché effettivamente il Qatar non abbia foraggiato l'estremismo jihadista, ma perché le connivenze con i terroristi hanno interessato anche le fila degli accusatori ,compresi i sauditi. Il vero motivo della rottura diplomatica sta nei rapporti amichevoli che il Qatar ha cercato di intrattenere con l'Iran sciita, nemico giurato dei wahabiti. Il pugno duro dei sauditi è favorito anche dalla recente visita di Trump in cui il presidente americano ha avvalorato la posizione di Ryad di associare la lotta al terrorismo al contrasto verso il regime di Teheran. La nuova amministrazione americana ha così messo ulteriore benzina nell'incandescente scenario medio-orientale non tenendo conto di come il terrorismo islamico sia una manifestazione del rinfocolarsi delle millenarie tensioni tra sunniti e sciiti, che andrebbero stemperate con una sapiente opera di mediazione tra le parti e non alimentate parteggiando per le posizioni più estremiste rappresentate in questo caso proprio dai sauditi.