venerdì 17 febbraio 2017

Nel PD la guerra fra bande materializza lo spettro della scissione

La voce dal sen fuggita di Del Rio che accusa Renzi di non aver fatto nemmeno una telefonata per evitare la scissione nel Pd, conferma alcuni elementi che erano già intuibili ma che ora vengono rivelati con brutale evidenza. Anzitutto ora sappiamo che a Renzi dell'eventuale scissione non interessa nulla, anzi la auspica per liberarsi di un'opposizione interna da lui considerata un mero ostacolo alla realizzazione del suo progetto politico. In secondo luogo viene svelata come la principale preoccupazione dei fedeli renziani sia quella di accaparrarsi le poltrone rese disponibili dall'abbandono degli scissionisti. Ancora più deprimente è lo sfondo di un partito che oramai ha perso qualsiasi spirito comunitario, per ridursi a terreno di una guerra fra fazioni divise da odi personali e contrapposte ambizioni di potere.
Il primo responsabile di questa degenerazione è proprio Renzi che da segretario del partito avrebbe il dovere di esplorare tutte le possibili ragioni per una proficua convivenza nel pluralismo delle opinioni e che invece nel suo desiderio di circondarsi di servitori ubbidienti pare interessato solo ad esplorare la logica della conflittualità verso chi porta visioni e sensibilità diverse dalle sue.
D'altronde la minoranza non è innocente ma complice dello sfascio e con la sua linea velleitaria di perenne contestazione talora sfociata in attacchi alla persona di Renzi ha mostrato la sua incapacità di proporre valide alternative all'attuale leadership piddina.
Al momento non è dato sapere se si giungerà realmente alla scissione, ma anche in caso di ricomposizione temporanea la frattura sia sul piano personale che programmatico sembra così profonda e consolidata da apparire difficilmente ricomponibile.