sabato 27 ottobre 2012

La recessione, Monti e la cattiva memoria di Berlusconi

L'aspetto più importante della conferenza stampa di Berlusconi a commento della sua condanna per frode fiscale non è stato l'annuncio di rimanere in campo ( non si sa come) perchè era chiaro che anche se non si candidava premier Papi Silvio avrebbe continuato a far politica per tutelare i propri interessi. La vera novità è l'ipotesi di sfiduciare il governo Monti le cui iniziative "ci portano a una spirale recessiva". Come al solito il Cavaliere quando non gli conviene ha la memoria corta giacchè con lui al governo la recessione toccò il fondo con un calo del 5% nel PIL per il 2009.

Se il berlusconismo sopravvive alle sentenze giudiziarie

Silvio Berlusconi
A mio parere la condanna in primo grado di Berlusconi a 4 anni per frode fiscale nell'ambito del processo non determina la fine politica del Cavaliere. Per un verso la sua parabola era già ampiamente in fase discendente come testimoniato dai sondaggi che danno il PDL fortemente ridimensionato attorno al 15%. E'un fatto positivo che le sorti politiche del leader storico del centrodestra non siano strettamente determinate dagli esiti delle sue vicende giudiziarie, perchè ciò avrebbe inutilmente inasprito il confronto politico distogliendo l'attenzione dai veri problemi del Paese.
Berlusconi stesso era conscio del suo declino e la decisione di non candidarsi alle prossime politiche era il visibile suggello di questa nuova consapevolezza. Ma la sua influenza economica e ideologica rimane fortissima come testimonia il coro indignato di esponenti della destra che parlano di sentenza politica. Berlusconi anche al di fuori dell'agone politico continuerà a essere considerato il padre del centrodestra italiano e quindi la sua eredità verrà raccolta da chi ne prenderà il testimone. E ciò da me non può che essere giudicato negativamente: Berlusconi nella sua esperienza politica ha constantemente confuso il suo ruolo pubblico con i suoi interessi privati. La sua annunciata rivoluzione liberale non solo è fallita, ma non è mai cominciata. Il Cavaliere è sempre stato interessato esclusivamente alla propria libertà di azione e la costante ricerca dell'impunità tramite le leggi ad personam e lo svuotamento del reato di falso in bilancio ne sono la evidente testimonianza. Le conseguenze dannose vanno al di là delle stesse intenzioni di Berlusconi: nel corso di questi anni si è consolidato quel clima opaco nella gestione della cosa pubblica che è poi sfociato nell'attuale stato di corruzione diffusa. Non ci sono dunque grandi possibilità per pensare che la mentalità del berlusconismo scompaia improvvisamente nè che si venga a creare un centro-destra capace di far emergere in Italia le forze autenticamente liberali del Paese.

Il capro espiatorio del terremoto dell'Aquila

L'Italia è l'unico Paese occidentale in cui degli scienziati sono stati condannati per omicidio colposo per le conseguenze di un terremoto. La colpa degli allora componenti della commissione grandi rischi, che sono anche i maggiori esperti di sismologia del nostro Paese, sarebbe quella di aver giudicato come improbabile il verificarsi a L'Aquila di una scossa di forte entità sei giorni prima del terremoto del 6 aprile 2009, inducendo gli abitanti del capoluogo abruzzese ad abbassare la guardia. In realtà leggendo il verbale delle riunione del 31 marzo non si esclude che il terremoto possa avvenire dato che l'Aquila è zona sismica, ma si fa una valutazione probabilistica poi tragicamente smentita dai successivi accadimenti. Se da un punto di vista psicologico ed emotivo ciò può aver certamente rassicurato gli aquilani, da qui a intravedere una relazione diretta con gli eventi luttuosi ce ne corre. La scossa rivelatasi fatale era di magnitudo 6,3, un'intensità che in altre zone del globo a ben più elevata sismicità della nostra ( California e Giappone) non provoca nè decessi nè danni. I morti sono avvenuti non a causa di un parere scientifico ma perché le case erano poco sicure e il territorio non era stato messo in sicurezza e di ciò gli scienziati non hanno alcuna colpa. Gli scienziati condannati sono il capro espiatorio di un evento i cui veri responsabili per la devastazione del territorio e la costruzione e manutenzione di edifici non sicuri, restano a piede libero senza che li sia stata ancora comminata alcuna sanzione.

martedì 16 ottobre 2012

Il rottamatore Renzi e i rottami del Pd

Veltroni e Castagnetti hanno annunciato che non si ricandideranno alle prossime elezioni per un posto in Parlamento. Al contrario di ciò che pensa Bersani ci voleva proprio la rottamazione di Renzi per indurre i dinosauri del Pd a fare qualche riflessione in merito. Il sindaco di Firenze intercetta un desiderio di cambiamento molto presente nell'elettorato non solo di sinistra. Senza quei toni provocatori da Gian Burrasca sarebbe stato assai più difficile assistere a questi "spontanei" passi indietro. E forse ci sarà bisogno di qualche sua ulteriore punzecchiatura per indurre altri rottami ( D'alema su tutti) a prendere la stessa decisione

lunedì 8 ottobre 2012

Il corto circuito democratico di Renata Polverini

Nel Lazio dei Batman Fiorito, degli sfizi pruriginosi dei politici pagati con i soldi dei contribuenti, del gioco a rimpiattino su chi abbandona prima o dopo la poltrona, l'ultima cosa di cui stupirsi è che ci sia la presidente di Regione Renata Polverini che cincischi nello stabilire la data per le nuove elezioni minacciando di mantenere per mesi in naftalina un Consiglio regionale i cui componenti dovrebbero prendere lo stipendio per non fare nulla.
Non si può però non rilevare il paradosso di un Presidente dimissionato che dovrebbe adempiere solamente all'ordinaria amministrazione, ma che di fatto ha nelle mani l'assoluto ed enorme potere discrezionale di stabilire quando restituire al popolo sovrano la possibilità di scegliersi i suoi rappresentanti. La Polverini esercita un diritto conferitogli dalla legge ma che fa a pugni con la logica democratica. Ma in questo scenario di fine ancien regime, ai poco nobili politici, decaduti e impegnati a salvare la pellaccia, le ripercussioni antidemocratiche di tali comportamenti sono in coda ai loro pensieri.

Venezuela: Chavez per la quarta volta presidente nel segno del socialismo bolivariano

Hugo Chavez
Il presidente venezuelano Hugo Chavez si è assicurato un quarto mandato, nonostante stia combattendo una battaglia con il cancro, e nelle elezioni presidenziali abbia dovuto affrontare la sfida del tenace avversario dell'opposizione Henrique Capriles Radonski. Il Consiglio elettorale del paese ha annunciato che Chavez ha vinto con il 54 per cento dei voti, mentre Capriles ha ricevuto il 45 per cento. Il leader venezuelano inizierà il suo nuovo mandato di sei anni nel prossimo mese di gennaio.
Nel corso di un discorso di vittoria dal palazzo presidenziale di Caracas, Chavez ha mostrato ai suoi sostenitori la spada dell'eroe dell'indipendenza Simon Bolivar e ha promesso di continuare la sua rivoluzione socialista. "Il Venezuela continuerà sulla via del socialismo democratico e bolivariano del 21° secolo", ha dichiarato. Ma il Paese rimane con i suo problemi: lo smantellamento dell'industria privata e uno Stato sociale con molto assistenzialismo finanziato dalle rendite del petrolio. In un apparente riconoscimento della critiche piovutegli durante la campagna elettorale per i black-out, il crimine, e l'inflazione che affliggono il paese, Chavez si è impegnato a "essere un presidente migliore."
Capriles, da parte sua, si è congratulato con Chavez ma lo invita a riconoscere il significato dei risultati elettorali. "C'è un paese che è diviso e essere un buon presidente significa lavorare per tutti i venezuelani"

giovedì 4 ottobre 2012

Giuseppe Saggese e la cattiva coscienza dei Comuni italiani

Giuseppe Saggese, ad di Trbutitalia società specializzata nelle riscossione delle imposte degli enti locali (Ici, Tarsu ecc), è stato arrestato perché secondo l'accusa invece di depositare ai Comuni i soldi delle tasse riscossi, se ne serviva per comparsi barche e farsi le vacanze. La somma sottratta ammonta a oltre 100 milioni.
Quella di Saggese non è solo l'ennesima vicenda di ruberie e truffe ai danni del settore pubblico, ma anche il sintomo del pressapochismo e dell'incompetenza con cui vengono gestire le finanze nella pubblica amministrazione: è dal 2008 che si sono cominciati a registrare gli ammanchi e lascia allibiti che su 400 comuni colpiti dagli ammanchi erariali pochi abbiamo preso le tempestive contromisure e che ci siano voluti anni per arrivare ad individuare l'origine degli ammanchi e le relative responsabilità. E' anche per episodi come questo che gli enti locali si trovano a piangere miseria. Si tratta degli stessi Comuni che vorrebbero abbandonare Equitalia. Per tornare a gestire le proprie entrate sul modello di Trbutitalia?

venerdì 28 settembre 2012

L'opportuna minaccia di un Monti bis

La disponibilità data da Monti ad accettare un nuovo incarico di governo "tecnico" per la prossima legislatura qualora situazioni di emergenza lo richiedano è un segnale rassicurante per i mercati internazionali ma anche un avvertimento per la nostra classe politica. E perciò è stato accolto con perplessità dai leader dei principali partiti.
Mancano sei mesi al voto e i cittadini non conoscono ancora il sistema elettorale, i candidati premier, le alleanze e i programmi per governare il Paese. L'attuale situazione di stallo politico rischia di riprodurre le medesime condizioni di instabilità governativa che nel novembre scorso sfociarono poi nel mandato conferito a Monti. Il quale ha fatto chiaramente capire che nel caso la politica protragga nella sua inerzia non avrà problemi a riprendere in mano il Paese, esercitando nei confronti dei politici il ruolo di tutore. Come si fa con gli incapaci.

mercoledì 26 settembre 2012

Profumo di laicità a scuola

Francesco Profumo

La proposta del ministro dell'istruzione Francesco Profumo di modificare i programmi scolastici dell'ora di religione per adattarli al mutamento della società italiana in senso multiculturale è sicuramente un passo positivo ancorchè insufficente. Positivo perchè si va a promuovere lo studio dei diversi fenomeni religiosi sotto il profilo storico, culturale, sociale, indirizzandosi verso l'abbandono definitivo di quei retaggi confessionali che ancora caratterizzano l'ora di religione in Italia. Insufficente perchè sarebbero necessari docenti adeguati a un tale mutato approccio: purtroppo invece a tutt'oggi per incominciare la carriera di insegnante di religione accanto al placet del dirigente scolastico è necessaria la segnalazione della curia diocesana. Tutti gli insegnanti ( anche quelli oggi di ruolo) hanno dovuto seguire questa trafila che certamente non favorisce la creazione di un corpo docente indipendente dalla Chiesa e consapevole della necessità di offrire agli sudenti una didattica libera da ogni tentativo di indottrinamento teologico.
Non sorprende dunque che l'iniziativa sia stata accolta con sfavore dalle gerarchie ecclesistiche e dai partiti ( UDC e PDL in primis) più attenti alle loro prese di posizione. Ma in uno Stato laico, con una scuola laica dotata di programmi laici, l'opinione della Chiesa sull'idoneità degli insegnati non può essere considerata valida nè tantomeno vincolante.

sabato 15 settembre 2012

Matteo Renzi coglie il vero spirito delle primarie

Matteo Renzi

I dirigenti del Pd pensano a spartirsi il bottino prima di aver vinto la guerra. D'Alema, Veltroni, Fioroni e compagnia sono già d'accordo con Bersani che una vola al governo si spartiranno tra loro ministeri e scranni di presidente delle due Camere. Matteo Renzi però non è d'accordo e candidandosi alle primarie ha annunciato che se vincerà, verrà dato il benservito a tutti i vertici del partito che in questi anni hanno avuto la corresponsabiità di far vincere Berlusconi contribuendo a gettare l'Italia nel baratro. Ma ha anche assicurato una collaborazione leale con Bersani qualora sia lui a vincere.
La consistenza della candidatura e della proposta di governo di Renzi è tutta da verificare. Tuttavia al sindaco di Firenze possono essere già attribuiti due meriti. Ha reso queste primarie una vera competizione politica. E'un salto di qualità rispetto alle primarie concepite da Prodi che sostanzialmente servivano solo a designare formalmente una leadership nei fatti già incontrastata. Di conseguenza Renzi ha trasferito in Italia un po' delle spirito della autentiche primarie americane in cui i contendenti prima si scannano tra di loro in una lotta senza esclusione di colpi, ma una volta che è emerso il vincitore, tutti, compresi gli sconfitti delle primarie, si mettono a sua disposizione per consentirgli di portare avanti al meglio la sfida elettorale e concrettizare l'eventuale programma di di governo. Esattamente il contrario di quanto finora successo nel centro-sinsitra dove i nodi e le divisioni emergevano irrisolti quando arrivava il momento di confrontarsi in concreto con i problemi del Paese, e il perenne scontro tra opposte fazioni paralizzava l'azione di governo.

giovedì 13 settembre 2012

Le conseguenze dell'omicidio dell'ambasciatore Usa in Libia. A rischio Obama e la sua politica estera

L'attentato al consolato americano di Bengasi costato la vita all'ambasciatore in Libia John Christopher Stevens mette in difficoltà Obama: si tratta di un colpo alla sua politica di distensione con i paesi islamici e all'autorevolezza della sua figura di comandante in capo degli Stati Uniti. Il presidente di fatto non è stato in grado di difendere l'incolumità di suoi connazionali che risiedevano in una porzione di territorio americano e questo lo pone in difficoltà di fronte ai prevedibili attacchi repubblicani in vista delle prossime elezioni presidenziali.
Con ciò non intendo minimamente avallare le fantasie complottiste che circolano sul web : la gestione politica del dopo Gheddafi ha permesso che zone chiavi della Libia fossero sempre di più soggette all'influenza di gruppi fondamentalisti, forse legati anche ad al-Qaeda, che hanno organizzato e sobillato la rivolta antiamericana di Bengasi
Di fronte a tale scenario c'è la tentazione di attribuire le responsabilità dell'attacco a un film che dipinge il profeta dell'islam Maometto come un pedofilo donnaiolo, di cui circolano stralci su Internet.
E' evidente che quel video di infima qualità è stato solo un pretesto per scatenare le violenze tanto più che Stevens veniva riconosciuto come un propugnatore del dialogo e del rispetto tra le diverse culture e religioni.
Per difenderci dal terrorismo senza cadere nell'isteria dobbiamo distinguere chi nell'islam propugna odio e violenza da chi cerca il dialogo. Occorre essere inflessibili con i primi, aperti e amichevoli con i secondi. Al contrario mostrare condiscendenza verso chi diffonde fanatismo e intolleranza non aiuta l'Occidente a preservare la sua libertà e rischia di fare il gioco di chi ha interesse a trasformare la primavera araba nell'inverno dell'integralismo religioso.

martedì 11 settembre 2012

Favia vs Beppe Grillo. Il franchising della politica

C'è poca democrazia interna nel Movimento 5 stelle? E' soprendente che un problema così lampante sia emerso solo dopo lo sfogo del consigliere regionale emiliano Favia catturato in fuorionda alle telecamere di La7. Che le possibilità di dissenso interno siano limitate lo stabilisce lo stesso "Non-Statuto" del movimento all'art 3 che testualmente recita: "il nome del Movimento 5 Stelle viene abbinato a un contrassegno registrato a nome di Beppe Grillo, unico titolare dei diritti d’uso dello stesso.".
Il movimento 5 stelle è proprietà di Beppe Grillo: tutti gli aderenti lo sanno e possono usare il marchio in franchising solo se il titolare acconsente. Non si può contestare la voce del padrone e lo stesso Beppe Grillo-  o il suo alterego Casaleggio che gli scrive i discorsi - nel momento in cui definisce Favia un ex disoccupato che ora ha 3 mila euro al mese tratta i militanti da dipendenti.

lunedì 3 settembre 2012

Cheick Modibo cerca di guidare il Mali fuori dall'incubo delle divisioni interne e dell'integralismo islamista

Il Mali è un Paese stremato dalle divisioni nell'esercito, nella classe politica e nell'opinione pubblica. Un Paese reduce dal colpo di Stato militare di marzo, spaccato a metà con il nord del Paese in cui gli indipendentisti tuareg del MLNA hanno dichiarato al secessione unilaterale dal resto del Mali e vaste zone settentrionali in mano ai gruppi islamisti Aqmi,Ansar Dine e Mujao. Cheick Modibo dopo un primo fallito tentativo ad aprile, ha ritentato il 20 agosto di formare un governo di unità nazionale con il compito di ristabilire un ordine civile.
Le richieste dell'ECOWAS [Comunità economica dell'Africa occidentale] di comprendere nel governo i principali gruppi politici sono state rispettate. Ora la scommessa sarà non cronicizzare l'emergenza e giungere ad elezioni regolari, anche senza il Nord secessionista. Perchè solo un governo legittimato dal voto popolare ha possibilità di restituire nel lungo periodo la pace al mali e di risolvere il problema del Nord.

domenica 26 agosto 2012

Le differenze tra Zagrebelsky e Travaglio

Sulla decisione del presidente Napolitano di proporre davanti alla Corte Costituzionale conflitto di attribuzioni contro la procura di Palermo in merito alla mancata distruzione delle intercettazioni avvenute tra il Quirinale e Nicola Mancino un giudizio critico arriva dall'autorevole voce dell'ex presidente della Consulta Gustavo Zagrebelsky.
Tuttavia al contrario di quanto sostiene Marco Travaglio, Zagrebelsky non ha fatto a pezzi l'iniziativa quirinalizia, ma ha espresso un valutazione di opportunità reputando che una pronuncia dall'esito, a suo dire, scontato a favore del Presidente abbia come conseguenza la delegittimazione dell'intera azione dei magistrati palermitani a favore della ricerca della verità sulla trattativa tra Stato e mafia. Perciò secondo Zagrebelsky , Napolitano avrebbe dovuto risolvere il problema affidandosi alla procedura ordinaria.
Zagrebelsky mi sembra però trascurare che è stata proprio la procedura ordinaria invocata dalla Procura di Palermo ad innescare il conflitto. Da qui l'iniziativa del capo dello Stato di sollevare la questione dinanzi alla Consulta per verificare se le intercettazioni anche indirette non costituiscano una violazione delle prerogative presidenziali. E i timori di Zagrebelsky non mi sembrano fondati anche perchè l'oggetto del ricorso riguarda intercettazioni che per stessa ammissione dei magistrati non hanno alcun rilievo penale, e dunque non vanno ad intaccare minimamente la sostanza dell'indagine.
Ma tra Travaglio e Zagrebelsky oltre a quella dei contenuti c'è un'altra divergenza non di poco conto. Zagrebelsky espone le sue tesi con solide argomentazioni e civile rispetto delle divergenze di opinioni. E' ben lontano dalla sua indole rivolgersi ai suoi colleghi giuristi con l'epitteto di "corazzieri belanti che (...)dimenticano la legge, la Costituzione, perfino la decenza e il ridicolo". Una differenza di forma che in questo caso fa anche sostanza.

martedì 21 agosto 2012

I cervelli in fuga producono brevetti per un miliardo di euro all'anno

Secondo uno studio dell’Istituto per la Competitività (I-Com) valgono oltre un miliardo di euro i brevetti prodotti nell'ultimo anno dai 50 migliori ricercatori italiani costretti ad emigrare. Brevetti depositati all'estero e che il nostro sistema produttivo si vede sfuggire a causa della mancanza di investimenti nella ricerca con un'università in mano ai baroni che non valorizza certo il merito e i giovani talenti. Questo è il prezzo da pagare a decenni di politiche miopi che continuano a negare l'utilità e il valore ( anche economico) degli investimenti in conoscenza.
D'altronde i nostri cervelli in fuga, se fossero rimasti in Italia non avrebbero mai trovato le occasioni per mettere a frutto il loro ingegno e giungere alle scoperte poi brevettate.

domenica 19 agosto 2012

L'Ilva di Taranto. La magistratura eterna supplente della società italiana

Tutti( o quasi) contro il gip di Taranto Patrizia Todisco che ha rimosso il presidente del cda dell'Ilva Ferrante dall'incarico di curatore dello stabilimento tarantino e ha posto sotto sequestro gli impianti. Secondo i critici la decisione di bloccare la produzione all'Ilva di Taranto rischia di provocare la morte della più grande acciaieria d'Europa con gravi danni per tutta l'economia nazionale.
Peccato che questi tutori degli interessi nazionali non abbiano esercitato lo stesso zelo in tutti gli anni in cui l'Ilva scaricava sulla città di Taranto i suoi rifiuti inquinanti provocando centinai di morti per tumori e malattie cardio-respiratorie.
Politici, sindacalisti e opinione pubblica in generale sono rimasti inerti di fronte all'odioso ricatto che voleva il diritto alla salute messo in un angolo dalla prepotenti esigenze della produzione industriale.
La vicenda dell'Ilva di Taranto è semplicemente lo specchio di un Paese in cui la magistratura è costretta a intervenire per supplire le altrui mancanze. Mentre in una società civile non ci dovrebbe essere bisogno di un gip per ribadire quanto sia inacettabile l'alternativa tra morire per fame o per tumore.

lunedì 23 luglio 2012

I dubbi sul piano Grilli per la riduzione del debito pubblico

Vittorio Grilli
Il piano per abbattere il debito pubblico predisposto da Vittorio Grilli rischia di essere molto meno efficace di quanto il ministro dell'economia pensi e non solo a causa dello spread che preme sempre più insistente sugli interessi dei nostri titoli di Stato.
L'intenzione è di vendere progressivamente gli immobili pubblici ( con un valore stimato tra i 300 e i 700 miliardi) in quote di circa 20 miliardi annui. Ma anche considerando che la crisi è cominciata proprio dalla bolla speculativa dell'immobiliare appare evidente come il mercato sia in una fase di stanca e il prezzo di vendita attualmente rischia di essere considerevolmente più basso ( circa il 20-25% in meno) rispetto a quanto il governo stima di incassare: in definitiva più che vendere si tratterebbe di svendere una parte dei gioielli di famiglia.
Un altro pilastro del progetto Grilli, la cessione delle municipalizzate con il loro fatturato di oltre 40 miliardi di euro, probabilmente salterà: c'è stato un referendum che ha bocciato la gestione privata dei servizi pubblici locali ( in carico proprio alla municipalizzate) e anche la Corte Costituzionale, con la sua recentissima sentenza che ha bocciato la nuova disciplina disposta dal governo Berlusconi con la manovra dell'agosto 2011, ha rammentato che le modifiche alla regolamentazione del settore non potranno in alcun modo aggirare il chiaro responso della volontà popolare

venerdì 20 luglio 2012

La lesa maestà dei costituzionalisti verso Marco Travaglio

Il giornalista Marco Travaglio si è creato abbondante fama e seguito di lettori come difensore della libertà di stampa, e per essere coerente con il suo ruolo quando qualcuno ha opinioni diverse dalle sue ci tiene a difendere la sua libertà ( non quella degli altri) buttandola sul personale. L'ultima perla libertaria del nostro eroe è un articolo intitolato "Romanzo Quirinale" pubblicato sul Fatto quotidiano del 18 luglio. Poichè le sue tesi critiche nei confronti del ricorso quirinalizio alla Corte Costituzionale contro i pm di Palermo sono state demolite da autorevoli costituzionalisti, gli incauti esperti di diritto che hanno osato contraddire l'infallibilità del Travaglio vengono ridotti al rango di (testuali parole) "corazzieri belanti che (...)dimenticano la legge, la Costituzione, perfino la decenza e il ridicolo pur di dare ragione al nuovo Re Sole intoccabile". Ma quali sono le argomentazioni che stanno alla base di un giudizio così acido e sprezzante? Travaglio comincia la sua invettiva nei confronti dell'ex presidente della Consulta Ugo de Siervo, il cui cognome viene storpiato con la consueta eleganza in De Siervi e l'altro presidente emerito Cesare Mirabelli che hanno il torto di aver posto un problema legittimo: se si ammette l'utilizzabilità delle intercettazioni indirette si può facilmente aggirare il divieto di intercettare il capo dello Stato.
Riguardo poi al trasferimento degli atti al tribunale dei ministri  così argomenta Travaglio

de Siervo aggiunge che la Procura di Palermo ha fatto “indagini interminabili” (forse dimentica che le inchieste di mafia hanno una durata massima di 2 anni, termine rispettato dai pm) e “avrebbe dovuto trasferire tutta la questione al competente Tribunale dei Ministri”, come B. chiedeva di fare per Ruby nipote di Mubarak. Lo dice pure Stefano Ceccanti del Pd (l’Unità). Forse De Siervo e Ceccanti non sanno che nessuno degli indagati è accusato di reati commessi quand’era ministro e nell’esercizio delle funzioni ministeriali, a meno di ritenere che Riina, Provenzano, Brusca, Cinà, Ciancimino jr., Dell’Utri e gli altri indagati fossero ministri ai tempi della trattativa. Si dirà: erano ministri Conso e Mancino. Certo, ma non sono indagati per la trattativa, bensì per aver mentito oggi, 20 anni dopo, da pensionati. Urge istituzione del Tribunale degli Ex-Ministri
Peccato che Ceccanti  nel suo articolo avesse già replicato a tale obiezione: "L’unica argomentazione contraria che è stata trovata è quella di sostenere che gli indagati lo sarebbero in realtà per false testimonianze di oggi, quando non sono ministri, ma è evidente a tutti che, nel caso, quelle false testimonianze si riferiscono ai reati ministeriali di allora e non sono pertanto affatto separabili da essi. 
Ma Travaglio si è evidentemente dimenticato (?????) di  riportarla. O forse aveva letto male.

Proseguendo nella lettura le argomentazioni del Travaglio appaiono ancora più sorprendenti
 Per superare l'imbarazzo di sostenere, in coro coi berluscones, l’attacco frontale di Napolitano alla Procura che indaga sulle trattative che costarono la vita a Borsellino e alla scorta nel ‘92 e a tanti cittadini innocenti nel *95, il tutto alla vigilia del ventesimo anniversario di via D’Amelio, i corazzieri di complemento minimizzano il conflitto di attribuzioni come se fosse una disputa accademico-giuridica: che sarà mai, c'è una divergenza di opinioni fa il Colle e la Procura, dovuto a un “vuoto normativo". ora la Consulta dirà chi ha ragione e tutti vivranno felici e contenti. Eh no, troppo comodo, Intanto, se ci fosse un vuoto o un’imprecisione normativa, il Quirinale avrebbe dovuto investire la Consulta con un  altro strumento: l’eccezione d'incostituzionalità della norma col buco, non il conflitto di attribuzioni in cui accusa i pm di un illecito gravissimo, da colpo di Stato: la lesione delle prerogative del Capo dello Stato.
Il sommo costituzionalista Marco Travaglio ignora che l'eccezione di incostituzionalità come regolata dall'articolo 23 della legge 11 marzo 1953 n° 87, stabilisce, che essa può essere proposta nel corso di un processo e deve essere il giudice a chiederla, d'ufficio o su inziativa di una delle parti o dei pubblici ministeri ( in questo caso i pm di Palermo). In questo caso il Capo dello Stato non è parte nel processo quindi non può presentare alcuna eccezione mentre può proporre il conflitto di poteri visto che a buona ragione considera le intercettazioni una violazione dell'indipendenza della sua funzione presidenziale. Se davvero risulterà che i pm palermitani non hanno potuto distruggere le intercettazioni in virtù di un vuoto legislativo, nel corso dell'esame i giudici costituzionali non avranno problemi a rilevarlo. Ma forse Travaglio teme che i magistrati di Palermo lo abbiano fatto davvero un illecito gravissimo, la lesione alle prerogative del Presidente. Sembra che per Travaglio i magistrati che indagano sulle stragi dovrebbero essere immuni dalle conseguenze di un'eventuale violazione della Costituzione. Io la penso in maniera diametralmente opposta: i pm proprio perchè svolgono un inchiesta così delicata devono avere il massimo rispetto per la nostra Carta; a garanzia del corretto andamento del procedimento e affinchè non si ripetano i clamorosi errori del passato nella valutazione delle responsabilità penali.

Chi si aspetta il botto nel ragionamento a conclusione dell'articolo, non rimane deluso:
Nell`ansia di compiacere il Re Sole, i corazzieri grandi firme si scordano di sciogliere alcuni nodi, Li buttiamo li a futura memoria. 1 ) L’art.  90 della Costituzione stabilisce che "il Presidente della Repubblica non é responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni", ed e lui stesso a dirci che è anche il caso delle due telefonate con Mancino altrimenti non sbandiererebbe la sua irresponsabilità ai quattro venti, Ma siamo sicuri che il "prendere a cuore“ (D’Ambrosio dixit) le lagnanze di Mancino e il darsi da fare per favorirlo interferendo in un'indagine  in corso rientri tra le funzioni presidenziali? E, di grazia, quale articolo della Costituzione o quale norma dell'ordinamento lo prevede?
2) L'unica "parte" dell'inchiesta sulla trattativa che può avere interesse alla conservazione dei nastri con la voce di Napolitano e Mancino, visto che i pm li han gia definiti irrilevantit Dunque, invece di disturbare la Consulta, perché il Presidente non dice all'amico Mancino di mandare il suo avvocato ad ascoltarli e poi a chiedere al gip di distruggerli? Si rende conto che conferendo tutta quest'importanza a quelle bobine, si e consegnato mani e piedi nelle mani di un indagato per falsa testimonianza? Per svincolarsi dall'abbraccio mortale e dissipare il sospetto di ricatti e altre trattative in corso, non ce che un modo: rendere pubbliche le telefonate.
3) Napolitano si fa scudo nientemeno che di Luigi Einaudi, che secondo Repubblica lo avrebbe addirittura ‘ispirato" (gli sara apparso in sogno, nottempo). E proprio sicuro che Einaudi apprezzerebbe? Sicuro che, se gli avese telefonato un Mancino per quelle proposte indecenti, Einaudi gli avrebbe dato tanta corda, anziché staccargli il telefono in faccia? Un giorno Einaudi disse: "Non le lotte e le discussioni dovevano impaurire, mu la concordia ignava e le unanimità dei consensi?" Parole che oia suonano come un inammissibile attacco preventivo al Quirinale e ai corazzieri. Che facciamo, spediamo pure Einaudi alla Corte costituzionale?
Riguardo al punto 1) si constata che nonostante le comunicazioni tra Mancino e Napolitano siano segretate , Travaglio sembra conoscerne il contenuto: Mancino avrebbe elemosinato aiuto e Napolitano glielo avrebbe concesso. Al di là delle conoscenze reali ( in quel caso non si configura la violazione del segreto d'ufficio?) o immaginarie di Travaglio non c'è alcun intralcio alle indagini visto che per stessa ammissione dei magistrati palermitani il contenuto delle telefonate è penalmente irrilevante per il procedimento. Il punto che il nostro eroe sempre più in Travaglio continua a non voler considerare è che le comunicazioni del presidente della repubblica  non si possono intercettare a meno che non abbia commesso reati (e non è questo il caso)
Sui punti 2) e 3)  ammettiamo pure per assurdo che Napolitano sia stato così imprevidente da prestare il fianco all'indagato Mancino e che il suo riferimento a Einaudi sia del tutto fuori luogo, tali considerazioni riguarderebbero l'opportunità dei comportamenti del Capo dello Stato e non hanno nulla a che vedere con le valutazioni dei reietti costituzionalisti che invece erano di ordine giuridico e riguardavano l'ammissibilità delle intercettazioni alle comunicazioni dirette e indirette del Presidente della Repubblica.
Perchè al netto di tutto il castello mentale costruito da Travaglio il nodo centrale rimane semplice e banale: esiste un conflitto di poteri tra capo dello Stato e pm di Palermo che spetterà alla Corte Costituzionale risolvere. Ma se la Consulta dovesse dare ragione a Napolitano l'ami du peuple Marco Travaglio si è già portato avanti: i giudici sono amici o nominati del Presidente.
Dunque agli studenti di giurisprudenza d'ora in poi si insegni l'art 135 della Costituzione secondo l'interpretazione dell'esimio professor Travaglio: per diventare membri della Corte Costituzionale non serve essere magistrati, professori universitari di diritto o avvocati di comprovata competenza ed esperienza; occorre essere amici di Giorgio Napolitano.

giovedì 19 luglio 2012

Verità e Costituzione: il conflitto tra Napolitano e procura di Palermo sulla trattiva tra Stato e Mafia

Sull'utilizzo delle telefonate avvenute tra Mancino e Napolitano esiste un conflitto tra la presidenza della repubblica e i Pm di Palermo.
In cosa consiste questo conflitto istituzionale? Secondo il Quirinale va immediatamente distrutto il contenuto di quelle telefonate in quanto registrate in violazione delle prerogative del presidente della repubblica che è irresponsabile nell'esercizio della sue funzioni e secondo l'art. 7 della legge 219/89 non può essere intercettato salvo per i reati di alto tradimento e attentato alla Coastituzione previsti dall'art 90 della Costituzione, previa autorizzazione del Parlamento e solo dopo la sospensione dalla carica da parte della Corte Costituzionale; invece a parere dei magistrati poichè ad essere intercettata era l'utenza di Mancino e non quella di Napolitano, l'acquisizione delle telefonate è legittima, non è stata fatta in contrasto con quanto disposto dall'articolo 90 della Costituzione in materia di irresponsabilità del presidente della repubblica e dunque la loro valutazione e l'eventuale distruzione dovrà avvenire secondo l'iter ordinario ovverosia previa autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, sentite le parti.
Appurata l'esistenza del conflitto tra poteri dello Stato, il presidente della Repubblica non ha fatto altro che rivolgersi alla Corte Costituzionale l'organo deputato alla loro risoluzione ex articolo 134 della Carta. Tuttavia quasi ad anticipare il verdetto della Consulta un gran numero di costituzionalisti ( per citarne solo alcuni Michele Ainis, Stefano Ceccanti, Ugo De Siervo, Francesco Clementi, Cesare Mirabelli, Valerio Onida) fa notare come la tesi della legittimità dell'intercettazione indiretta appaia alquanto precaria: in questo modo si potrebbe facilmente aggirare il divieto di intercettazione, ponendo sotto indagine il maggior numero possibile di personalità con cui il Presidente della repubblica è solito avere dei contatti.
Tra l'altro poiché due indagati sulla trattativa tra Stato e mafia all'epoca dei fatti erano ministri ( Nicola Mancino, all'interno e Giovanni Conso alla giustizia) alcuni studiosi ritengono di ravvisare nel comportamento della procura palermitana anche la violazione dell'articolo 96 della Costituzione della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 in base alla quale gli atti devono essere trasmessi entro 15 giorni, «omessa ogni indagine», al cosiddetto tribunale dei ministri, che, svolta una rapida istruttoria, deve entro 90 giorni (prorogabili al massimo di altri 60) o disporre l' archiviazione, ovvero chiedere l' autorizzazione a procedere alla Camera competente.
Il sospetto instillato da alcuni giornalisti secondo cui Napolitano abbia sollevato tale conflitto perché c'è qualcosa da nascondere è semplicemente ridicolo oltre che gravemente diffamatorio per l'autorevolezza del Capo dello Stato giacché è stata la stessa procura di procura di Palermo a comunicare all'avvocatura dello Stato l'irrilevanza penale per il procedimento delle comunicazioni intercettate tra Mancino e Napolitano per cui "non ne prevede alcuna utilizzazione investigativa o processuale, ma esclusivamente la distruzione da effettuare con l'osservanza delle formalità di legge".
E' fondamentale  in uno stato di diritto che i magistrati non considerino un ostacolo alla loro attività il rispetto delle procedure della più importante delle leggi, la Costituzione, oltreché delle figure istituzionali come il Presidente della repubblica poste a garanzia dell'ordinamento. Senza questo rispetto qualsiasi aspirazione alla ricerca della verità dei fatti risulterebbe vana.


domenica 15 luglio 2012

Berlusconi resta il Papi della destra italiana e si ricandida a premier

In una democrazia degna di questo nome il ricambio delle forze e delle persone al potere è una necessità. Ciò comporterebbe che un uomo, dopo aver esercitato per tanti anni responsabilità di governo, si congedi e lasci spazio a facce nuove. Invece annunciando la sua intenzione di candidarsi per l'ennesima volta a premier per le prossime elezioni Berlusconi conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, di non condividere tale esigenza di rinnovamento democratico.
Il Cavaliere ripercorre i tempi della democrazia limitata della Prima Repubblica: se Andreotti è stato per sette volte presidente del Consiglio ci può essere spazio anche per lo spirito giovanile dei suoi 77 anni suonati.Dopo il miracolo italiano e il contratto con gli italiani, sembra aver esaurito l'inventiva per gli slogan patriottici: forse riciclerà per il partito il  vecchio nome Forza Italia. E ridimensiona le sue ambizioni: si candida per salvare il PDL, la sua personale creatura, il partito azienda confezionato con il cellophane a suo uso e consumo. Silvio resta il Papi della destra: non è riuscito a trasformare l'Italia in una sua proprietà e i cittadini in suoi dipendenti ma gli è mancato poco e a giudicare dalla pletora di nani e ballerine che ha salutato con giubilo la nuova discesa in campo potrà godere ancora di molti consensi. Probabilmente non abbastanza per tornare a Palazzo Chigi, ma sufficienti per continuare a curare i propri interessi personali: in definitiva l'unica cosa che l'abbia davvero interessato in questi 18 anni di agone politico.


update: 16 luglio 2012

venerdì 13 luglio 2012

Perchè Monti ha ragione sulla concertazione

In una nuova puntata dello scontro intrapreso contro i corporativismi che affliggono il nostro Paese, il premier Monti si scaglia contro gli abusi della concertazione. Il premier parla di "Esercizi profondi di concertazione in passato hanno generato i mali contro cui noi combattiamo": un giudizio impietoso ma per quanto mi riguarda assolutamente condivisibile.
In alcuni momenti la concertazione ha avuto anche riflessi positivi: la politica dei redditi del 93 ha consentito di controllare i prezzi e mantenere la competitività del sistema Paese in un periodo di grave crisi. Ma la concertazione non è stata solo la procedura che in nome dei superiori interessi generali poteva far temporaneamente compartecipare le parti sociali alle scelte politiche. La concentrazione si è tramutata in una cogestione ordinaria fatta di veti corporativi incrociati che per decenni ha impedito di affrontare nodi cruciali come quello delle pensioni e in una contrattazione continua sulla gestione delle risorse sfociata nell'abnorme incremento della cosa pubblica. E'una verità scomoda che di cui i principali beneficiari ( Confindustria e sindacati) non vogliono prendere atto ma che il presidente del Consiglio fa bene a rammentare.
In un Paese che funziona ruoli e responsabilità devono essere chiaramente delineati; e per ciò che concerne la determinazione delle politiche generali il governo può consultarsi con i rappresentanti dei gruppi sociali, ma in definitiva solo a lui deve rimanere la competenza di decidere. La concertazione nel divenire il metodo ordinario per stabilire le politiche economiche e sociali va contro questa necessità di assunzione di responsabilità si è risolta spesso in infinite e inconcludenti trattative in cui per non scontentare nessun particolarismo dei potentati si finiva per rinviare o per arrivare a mezze decisioni: ciò ha contribuito a ingessare la società italiana rendendola incapace di intraprendere quelle svolte radicali di cambiamento, della cui mancanza oggi scontiamo il peso.

domenica 8 luglio 2012

L'anomala spending review di Monti che scontenta le corporazioni e avvantaggia l'Italia

Monti la chiama spending review ma si tratta piuttosto di tagli lineari. E' questa la critica a mio parere più incisiva al decreto sulla riduzione della spesa pubblica. E' mancata quella valutazione capillare degli sprechi, vera caratteristica distintiva della spending review, ma i tagli ci sono e anche consistenti: 26 miliardi di euro con un risparmio ripartito in 4,5 miliardi per il 2012, 10,5 miliardi per il 2013 e 11 miliardi per il 2014. Ciò consente di scongiurare l'aumento dell'Iva almeno fino a luglio del 2013 e di avere a disposzione 1 miliardo sia per il 2013 che per il 2014 da destinare alla ricostruzione delle zone terremotate dell'Emilia.
La bontà complessiva del provvedimento è dimostrata dalla protesta di tutte le corporazioni che stanno attaccate alle mammelle dello Stato.Assistiamo alla singolare comunanza di vedute critiche tra il presidente di Confindustria Squinzi e Camusso della CGIL, entrambi a parole preoccupati che non si faccia macelleria sociale. In realtà pensano al proprio piccolo orticello: il numero uno degli industriali è preoccupato della probabile revisione di trasferimenti di denaro pubblico alle aziende che costa ogni anno oltre 35 miliardi di euro ( fonte: Def 2012) alle tasse dei contribuenti sotto forma di incentivi, sgravi fiscali e prebende varie senza alcuna verifica sull'effettiva utilità di tali erogazioni ( per non parlare degli appalti spesso gestiti in maniera allegra inefficente dalla pubblica amministrazione);  mentre i sindacati temono le ripercussioni del taglio nel pubblico impiego (ci saranno il 20% in meno di dirigenti, il 10% degli altri dipendenti, e il blocco dei concorsi per dirigenti fino al 2015).
La riduzione di 5 miliardi del fondo sanitario andrà rimodulata per individuare dove sono realmente gli sprechi, ma è sacrosanto l'incremento dello sconto obbligatorio che farmacie e aziende praticano al Servizio sanitario (Ssn) e la riduzione del 5% nel secondo semestre 2012 della spesa per i dispositivi medici,che dal 2013 avrà un tetto del 4,8%. E pazienza se ci saranno le prevedibili proteste di farmacisti e industrie farmaceutiche e biomedicali.
Ugualmente animate da logiche particolaristiche appaiono le levate di scudi degli avvocati contro la soppressione di 37 tribunali e 38 procure e la cancellazione di 220 sezioni distaccate e di 674 sedi dei giudici di pace: la moltiplicazione degli uffici giudiziari non ha certo giovato allo snellimento dei processi. Senza dimenticarsi che la giustizia italiana costa a ciascun cittadino 67 euro l'anno , contro i 46 della Francia e i 22 della Gran Bretagna.
Da verificare invece se il rafforzamento della Consip, la centrale acquisti della pubblica ammninistrazione, consentirà di ridurre le assurde disparità di costo nelle forniture tra diversi enti pubblici.
In definitiva se è vero che si può e deve fare di più e di meglio, occorre anche rilevare i molti aspetti positivi e distinguersi da coloro che contestando sia quando si aumentano le tasse sia quando si tagliano le spese, in realtà vogliono che tutto rimanga uguale a prima.

giovedì 28 giugno 2012

La severa Germania, le infornate di statali greci e la banca di Cristiano Ronaldo

Mentre l'Unione europea concede un prestito da 100 miliardi alla Spagna per salvare il sistema bancario locale, giunge notizia che le banche spagnole finanziavano i debiti delle società di calcio. Le tasse dei cittadini che servono a pagare gli stipendi a Messi e Cristiano Ronaldo.
E secondo indiscrezioni la Grecia avrebbe assunto 70 mila dipendenti pubblici in violazione degli accordi con Unione Europea e fondo monetario internazionale sul prestito per evitare il default del debito ellenico.
Forse i tedeschi non sono il massimo della simpatia, ma bisogna ammettere che qualche ragione per guardare storto i partner europei ce l'hanno.

lunedì 25 giugno 2012

Muhammad Morsi nuovo presidente dell'Egitto. Il nodo dei rapporti tra Fratelli Musulmani e esercito

Il candidato dei Fratelli Musulmani Muhammad Morsi è stato proclamato presidente dell'Egitto. E'il primo non militare che conquisa il potere dal 1952. Morsi con 13 milioni di voti e il 51, 7% dei voti ha battuto l'ex premier Shafiq,che ha ottenuto il 48,3% e circa 12 milioni di preferenze. Morsi ha cercato subito di fornire di se un immagine rassicurandosi impegnandosi a essere il presidente di tutti gli egiziani e a rispettare i trattari internazionali , compresi quelli con Israele.
Ma gli interrogativi restano forti non solo riguardo a come il nuovo presidente si rapporterà con la società civile più laica ma anche sulla sua effettiva capacità di esercitare il potere di fronte alle resistenze dell'esercito: poco prima delle elezioni il consiglio superiore militare ha sciolto il Parlamento e assunto il potere legislativo, pretendendo per se un ruolo di controllo sovraordinato rispetto alla stessa costituzione

martedì 19 giugno 2012

Elezioni in Grecia: vincono Nea Demokratia e i pro euro. Ultima chiamata per l'Europa?

Antonis Samaras
I greci continuano a optare per l'euro: il partito di centro-destra Nea Demokratia guidato da Antonis Samaras vince di stretta misura le elezioni in Grecia ottenendo con il 29% dei voti 129 seggi sui 300 complessivi del Parlamento, mentre la sinistra radicale antieuro di Syriza con il 26,89% ha conquistato 71 seggi.  Nea DemoKratia Assieme al Pasok(Partito socialista) con 12,28% e 33 seggi e Sinistra democratica ( Dimar) con 17 seggi costituiscono una coalizione di maggioranza favorevole alla moneta unica in grado di formare un governo.
La paura di sprofondare nel baratro alla fine ha prevalso: le forze politiche che si opponevano al risanamento lacrime e sangue non sono state in grado di offrire alternative credibili. Decisivo per Nea Demokratia il premio di maggioranza che assicura al primo partito un bonus di 50 deputati. Ma il Paese resta comunque diviso e una parte dell'elettorato non ha comunque rinunciato al voto di protesta di cui hanno beneficiato formazioni estremistiche come Alba dorata, neonazista e negazionista della Shoah, che ha conquistato 18 seggi in Parlamento.
Due prestiti internazionali sono stati assegnati alla Grecia per evitare il fallimento:  un primo pacchetto vale 110 miliardi di euro nel 2010, un successivo dello scorso anno vale 130 miliardi. A a ciò si aggiungono 107 miliardi euro di debito condonati da investitori privati.
Ma per continuare a ricevere gli aiuti i Greci si sono impegnati a effettuare una serie di riforme che stanno incidendo pesantemente sulla loro qualità di vita: tagli di 15.000 posti di lavoro nel settore statale di quest'anno, con un riduzione complessiva di 150.000 posti entro il 2015; tagliare del 22% del salario minimo, che dovrà arrivare a circa 600 euro; tagli alle pensioni per 300 miliardi di euro e tagli alla spesa per 3 miliardi di euro; liberalizzazioni del mercato del lavoro in modo da rendere più facile assumere e licenziare; lotta all'evasione fiscale ( La Grecia è tra i Paesi dell'Ocse il paese con la maggiore percentuale-oltre il 30% di economia sommersa) riduzione del debito pubblico al 116% del PIL entro il 2020

domenica 10 giugno 2012

Il dibattito su legge elettorale e riforme: seria volontà o teatrino della politica?

La politica italiana sembra intenzionata a passare l'estate discutendo di riforme istituzionali ( presidenzialismo, semipresidenzialismo, sfiducia costruttiva ecc). Tutti temi importanti ma su cui per giungere a un qualche risultato occorre il tempo necessario per modificare la costituzione, che si preannuncia piuttosto lungo giacchè come specificato dall'art 138 della Carta la revisione costituzionale richiede un doppio passaggio parlamentare e in seconda lettura una maggioranza qualificata in alternativa a un refererendum confermativo.
C'è da chiedersi come mai ci sia questo stato questo improvviso risveglio nel voler cambiare la struttura della repubblica a fine legislatura, dopo che per quattro anni ci si è crogiolati nella più assoluta inerzia. Tanto più che per una buona riforma elettorale che mandi in soffitta il Porcellum si potrebbe fare in poche settimane: basterebbe copiare i sistemi elettorali che ci sono già in altri Paesi e che funzionano ( ad esempio il nostro più rinomato politologo, Giovanni Sartori, da tempo suggerisce il maggioritario a doppio turno sul modello francese). Visto il poco tempo a disposizione e la non eccelsa qualità delle intelligenze sarebbe auspicabile che la volontà riformatrice si concentrasse sugli obiettivi più facilmente raggiungibili. A meno che tutto il dibattito nasconda l'ennesimo teatrino all'italiana in cui si dichiara l'intenzione di cambiare salvo poi voler lasciare le cose come stanno.

mercoledì 30 maggio 2012

L'accisa sulla benzina danneggia la ripresa dei terremotati dell'Emilia

Il sostegno ai terremotati dell'Emilia-Romagna il governo lo poteva finanziare in tanti modi: un prelievo di solidarietà sui redditi più alti, sui grandi patrimoni immobiliari, una quota dei ricavi provenienti da lotterie e scommesse, un taglio sui costi dell'apparato.
Invece Monti e i suoi tecnici hanno optato per il solito geniale aumento delle accise sulla benzina che inciderà sui prezzi al consumo , sui costi delle forniture di tutti gli italiani e quindi anche degli abitanti delle zone che si vorrebbe assistere. Con buona pace delle residue e flebili speranze di ripresa economica. E pare anche che dovremo ringraziarli perchè non aumentano l'IVA.

lunedì 28 maggio 2012

Giarda: 100 miliardi di spesa pubblica su cui tagliare da subito. Le resistenze alla spending review

Secondo il ministro Giarda dei 300 miliardi di spesa pubblica oggetto di revisione, ben 100 miliardi possono essere aggrediti già nel breve periodo. Si tratta di una montagna di denaro: basterebbe riuscire a risparmiare anche solo un quarto di quanto indicato da Giarda( cioè 25 miliardi) per procedere a una prima consistente sforbiciata di tasse a partire da Iva, accise sui carburanti e imposte sul lavoro che danneggiano i consumi e le possibilità di ripresa economica.
Tuttavia le cose sono complicate dal fatto che quasi la metà di questa spesa è gestita dalle Regioni ( sopratutto spesa sanitaria), da province e Comuni. Il taglio dei rami secchi per essere efficace richiede la collaborazione degli enti locali ed è presumibile che quando dalle dichiarazioni di buona volontà si dovrà passare ai fatti sorgeranno parecchie resistenze da parte di chi ai vari livelli della pubblica amministrazione si serve della spesa per alimentare il consenso.

scarica il rapporto del governo sulla spending review ( maggio 2012)

mercoledì 23 maggio 2012

Istat: l'Italia è in crisi da 20 anni

Nel suo rapporto annuale l'Istat rileva che nel periodo 2010-2011 con una crescita media annua pari allo 0,4%,l'Italia è all'ultimo posto tra i 27 stati membri dell'Unione europea. ma al di là della contingente crisi economica i problemi di competitività sono di lungo periodo: tra il 1992 e il 2011 l’economia italiana è cresciuta in termini reali a un tasso medio annuo dello 0,9 per cento, ben al di sotto delle performance di Francia (1,6%), Gran Bretagna (2,4%) e Germania (1,3%).

martedì 22 maggio 2012

Luci e ombre del successo del Movimento Cinque Stelle alle amministrative

Il programma politico di Grillo non mi convince granché: considero le sue sparate contro l'euro o il paragone tra mafia e politica null'altro che esercizi di facile demagogia.
Tuttavia il successo elettorale alle amministrative del Movimento Cinque Stelle è positivo per almeno due motivi. Anzitutto le liste dei grillini hanno indotto a partecipare al voto una consitente quota di elettorale che altrimenti si sarebbe astenuto. E poi hanno dimostrato che nell'era di Internet e dei social network non servono grandi mezzi per catalizzare il commercio: un messaggio che i partiti tradizionali, così restii a rinunciare alla valanga di denaro dei rimborsi elettorali, dovrebbero cominciare metabolizzare se non altro per istinto di sopravvivenza. In caso contrario l'indignazione popolare potrebbe tramutarsi in uno tsunami destinato a travolgerli definitivamente

giovedì 17 maggio 2012

The family Bossi: le responsabilità penali, verso i cittadini e verso gli elettori della Lega

Ultime notizie dal fronte giudiziario in camicia verde: Umberto Bossi indagato per peculatato; i figli Renzo e Riccardo accusati di appropriazione indebita. Le responsabilità penali debbono essere accertate dalla magistratura ma è difficile pensare che il Senatur potesse essere completamente all'oscuro delle malversazioni legate ai contributi elettorali presi dalla Lega e sul fatto che esse potessero coinvolgere anche membri della sua famiglia. La questione della fiducia che gli elettori del Carroccio ritengono di voler continuare a dare a queste persone riguarda la gestione e l'organizzazione interna del partito. Ma i 5000 euro di "paghetta" riservati ai pargoli sono soldi pubblici provenienti dalle tasche dei cittadini contribuenti e per questo Bossi deve rendere conto a tutti. Anche sul piano politico della gestione della cosa pubblica: perchè i finanziamenti al partito sono "cosa pubblica" e non affare privato della famiglia.

martedì 8 maggio 2012

Le prospettive per l'Italia e l'Europa della vittoria di Hollande

François Hollande

La vittoria di François Hollande alle presidenziali francesi è un voto più di condanna per la politica di Sarkozy e di inquietudine per gli effetti della crisi economica che di convinto apprezzamento per il neo inquilino dell'Eliseo.
Dietro la scelta di Hollande si cela la speranza dell'elettorato transalpino di mantenere un buon tenore di vita e uno Stato sociale forte. Desideri che però si scontrano con una realtà poco incoraggiante: un debito pubblico salito fino al 90%, stime di crescita prossime allo zero e una spesa pubblica che ha raggiunto il 56% del PIL, la Francia se la passa piuttosto male.
Il nuovo presidente francese punta a rilanciare la crescita economica ma alcuni punti del suo programma, come l'idea di aumentare le tasse sul lavoro e sugli imprenditori e la pensione a 60 anni, appaiono incoerenti con questo obiettivo. La revisione del fiscal compact e il rilancio degli eurobond finanziati da tutti i Paesei per un piano di ricerca, sviluppo e opere pubbliche sono invece proposte interessanti che come è noto però incontrano le resistenze della Germania. Ciò apre spazi di manovra per l'Italia: Monti può sostenre Hollande nelle sua richiesta di misure delle crescita. Un eventuale revisione del fiscal compact non significa rinunciare al rigore dei conti pubblici. La fragile Italia non si può permettere di coltivare illusioni.

sabato 5 maggio 2012

Come la multinazionale Apple risparmia miliardi di tasse

Un'inchiesta del New York Times rivela la maestria del colosso dell'hi-tech Apple non solo nel proporre sul mercato prodotti seducenti e innovativi ma anche nel trovare stratagemmi per evitare di pagare miliardi di euro al fisco americano sia a livello federale che di singoli Stati. Il tutto in maniera assolutamente legale. Secondo i calcoli del Times con una semplice strategia di delocalizzazione delle sue filiali, il gruppo Apple, registrato in California, avrebbe pagato 3,3 miliardi di dollari di imposte sul reddito nel 2011, con un tasso effettivo del 9,8%, contro il 24% del gigante della distribuzione Wal-Mart. Ad esempio ha creato Braeburn, una consociata destinata alla raccolta e all'investimento dei suoi profitti nel Nevada, Stato dove non ci sono imposte sui redditi d'impresa mentre in California l'aliquota corrispondente è dell'8,84%. Ciò consente ad Apple di avere consistenti sgravi fiscali anche in altri stati come Florida, New Jersey e New Mexico che provedono una riduzione dell'imposizione per le aziende che hanno la loro gestione finanziaria altrove. Anche altre società del settore come CISCO e Microsoft hanno seguito lo stesso schema istituendo consociate in Nevada.
E a livello globale la strategia di risparmio fiscale di Apple è ancora più sofisticata. La consociata Apple di Itunes per Africa, Europa e Medio Oriente si trova in Lussemburgo: quando un cliente residente in queste zone scarica un programma televisivo, una canzone o un'app, la vendita viene registrata in questo piccolo paese che offre una tassazione particolarmente bassa per le transazioni finanziarie che vi transitano. Quindi le tasse che altrimenti sarebbero dovute andare ai governi di Gran Bretagna, Francia, Italia Stati Uniti finiscono in Lussemburgo. Un terzo del fatturato mondiale di Apple nel 2004 ( anno a cui si riferiscono gli ultimi dati disponibili) venne assorbito dalla filiale in Irlanda il cui governo offrì agevolazioni fiscali in cambio della creazione di posti di lavoro: ciò permette di pagare in Irlanda le tasse sulle royalties dei brevetti prodotti in California. Completa il quadro il fatto che la proprietà parziale delle consociate irlandesi è di una holding situata nelle Isole vergini britanniche, un paradiso fiscale.
Nella sua replica al giornale la Apple non nega le cifre e i dati citate riportati ma pone l'accento sul numero di posti di lavoro creati negli Stati Uniti Stati, e sull'importanza delle sue donazioni a enti di beneficenza.
Dal fatto che queste pratiche sono legali si può capire come i giganti tecnologici sfruttino le lacune della globalizzazione e di un sistema fiscale progettato per un era industriale che non c'è più, in modo da rendere indisponibili alle casse degli Stati una gran parte delle tasse sui proventi della proprietà intellettuale e dei servizi immateriali da loro offerti.

giovedì 3 maggio 2012

Lo scontro Ljajic-Delio Rossi paradigma di una società arrogante e violenta

Hanno fatto il giro del mondo le immagini del giocatore della Fiorentina Ljajic sostituito a metà del primo che dopo un sarcastico applauso al suo allenatore Delio Rossi viene da questi preso per il collo e a ceffoni in diretta tv. Da una parte un giovane viziato e maleducato; per contro un'esperto e stimato professionista incapace di tenere un comportamento consono al suo ruolo di responsabilità: due situazioni comuni in una società sempre più esasperata e schizofrenica. Dovremo sorprenderci che ciò si avvenga nel mondo dorato del calcio che è una delle migliori rappresentazioni degli eccessi del vivere moderno?

Il taglio delle pensioni d'oro dei manager pubblici a rischio di incostituzionalità

Le pensioni d'oro dei supermanager pubblici sono un privilegio di discutibile moralità tanto più in questo periodo di crisi in cui la stragrande maggioranza degli italiani tira la cinghia incravattata da un fisco divenuto oppressivo per il contribuente onesto. Ma l'emendamento con cui è stato abrogata la salvaguardia dei trattamenti pensionistici pensionistici già maturati dai dirigenti pubblici prima dell'entrata in vigore del decreto salva italia è a forte rischio di incostituzionalità. Infatti il testo legislativo stabiliva che il nuovo e più basso stipendio dei super manager non potesse essere applicato "in riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere dal 22 dicembre 2011, data di entrata in vigore del decreto salva Italia (che stabiliva a 293000 euro annui la nuova soglia massima degli stipendi pubblici) qualora fossero già maturati i diritti per andare in pensione. In questo modo il governo intendeva evitare i ricorsi alla Corte Costituzionale che già in altre sentenze ( come la 264/1994) ha escluso dal computo dell'assegno previdenziale già maturato, i successivi trattamenti economici inferiori.
In soldoni significa che se un dirigente danneggiato dall'abrogazione della norma farà ricorso alla Consulta ( vedi sentenza 264/1994), questa con molta probabilità gli darà ragione, ripristinando la situazione pregressa. Ad aggiungere la beffa ci potrebbe essere un ulteriore aggravio per la casse dello Stato con il risarcimento danno e il rimborso delle spese processuali. L'emendamento proposto da Idv, Lega e PDl appare più che altro una mossa di propaganda in vista delle imminenti elezioni amministrative che rischia di aggravare i problemi invece di attenuarli .

mercoledì 2 maggio 2012

I bambini di Umberto Bossi, padre padrone della Lega Nord

Umberto Bossi annuncia l'intenzione di ricandidarsi a segretario della Lega. Il Senatur si traveste da vittima di un complotto e fa capire di essere ancora lui il deus ex machina, il padre-padrone del partito, i cui guai, a suo dire, sarebbero imputabili unicamente al malefico tesoriere Belsito e alla strega "terrona" Rosi Mauro. Una versione favolistica a cui non tutti nella Lega sembrano credere. Ma se i militanti se la bevono e lo rieleggono, Bossi potrà traconquillamente raccontare loro anche che i bambini nascono sotto i cavoli.

martedì 1 maggio 2012

Dalla Parmalat alla spending review: Enrico Bondi salverà l'azienda Italia?

Enrico Bondi
Dopo mesi di analisi sulla spending review da parte dei ministri Giarda, Patroni Griffi e Grilli giunge finalmente qualche dato utile di riferimento: sarebbe di 295, 1 miliardi la massa di spesa pubblica aggredibile nel medio periodo; mentre nel breve periodo possono essere oggetto di revisione 80 miliardi.
D'altronde la nomina del risanatore di Parmalat Enrico Bondi a commissario per la gestione della spesa è un segnale della volontà di intervenire e nello stesso tempo un'ammissione degli scarsi ottenuti fino ad ora. L'obiettivo di ridurre la spesa di 4,2 miliardi entro il 2012 è sin troppo conservativo. Limitarsi a evitare l'aumento dell'IVA non è sufficiente. I pesanti sacrifici fatti dagli italiani imposti dall'acrescita pressione fiscale finora avevano un senso nella necessità di trovare immediate risorse per i disastrati conti pubblici, ma non possono più essere sopportati a lungo. Serve ben altro: per creare i presupposti per la ripresa economica garantendo gli equilibri di bilancio da questo momento occorrerà muoversi sopratutto sul fronte della lotta all'evasione fiscale e dell'eliminazione delle inefficienze sul lato della spesa. Sotto quest'ultimo aspetto il compito del commissario Enrico Bondi sarà quello di dare il cambio di marcia finora mancato.

domenica 29 aprile 2012

Disoccupazione al 24% e downgrade del debito: la Spagna sull'orlo del baratro

La Spagna ha annunciato che il tasso di disoccupazione del paese ha raggiunto il 24,4 per cento nel primo trimestre del 2012 - il tasso più elevato nella zona euro. la notizia del picco di disoccupazione fa seguito alla decisione della agenzia di rating Standard & Poor'S di declassare il rating del debito del Paese a BBB +, che pone la Spagna allo stesso livello dell'Italia.
Nonostante le misure di austerità del governo spagnolo Rajoy e le riforme del mercato del lavoro la Spagna rimane in preda alla recessione e con sempre maggiori difficoltà a mantenersi solvibile sotto il profilo del debito pubblico

giovedì 26 aprile 2012

Tra Hollande e Sarkozy: analisi e prospettive del primo turno delle presidenziali in Francia

Hollande con il 28, 63% dei voti; Sarkozy al 27, 18%: benchè interlocutorio il risultato del primo turno delle presidenziali francesi consente alcune riflessioni.
Il sistema elettorale francese a doppio turno si dimostra ancora efficace nel contenere le estreme ( l'ultradestra Marine le Pen e il comunista Melenchon) e nel creare i presupposti per un chiaro vincitore tra i due contendenti rimasti al ballottaggio.
Marine Le Pen con il 18% dei voti ottiene un notevole successo e cerca di prendere il posto del gollismo nella leadership a destra. Più abile del padre sul piano della comunicazione, se ne dissocia quando ci tiene a precisare che per lei le camere a gas del Terzo Reich non sono un dettaglio della storia. Ma rimangono i temi nazionalistici e antiimmigrazione. Una versione del Front National più politically correct e rassicurante, ma forse proprio per questo non meno insidiosa
Il giorno dopo il risultato elettorale le borse hanno reagito con pesanti ribassi: il timore è che con Hollande la spesa pubblica francese vada fuori controllo mettendo a rischio i conti pubblici. Per la verità la spesa e il debito pubblico sono cresciuti enormemente proprio con Sarkozy: in ogni caso è l'ennesima conferma del potere condizionante della finanza sulla democrazia

venerdì 20 aprile 2012

E se la salvezza di Grecia e Italia fosse far uscire la Germania dall'euro?

Il problema dell'euro non è la debolezza della Grecia, della Spagna o dell'Italia, ma la solidità della Germania: è questa la tesi "eretica" sostenuta da Michael Sivy in un articolo su Time Magazine.
Nel suo ragionamento assai interessante, Sivy contesta la teoria secondo cui uscendo dall'euro i paesi più deboli riuscirebbero a recuperare un po' in crescita economica svalutando la propria moneta. Il punto debole di questa strategia riguarda la fuga di capitali dai paesi più deboli verso la zona euro con conseguente innalzamento dei tassi di interesse e incapacità di questi Paesi presi singolarmente di sostenere il loro debito pubblico. Essi per potere sopravvivere debbono rimanere uniti ma nello stesso tempo hanno necessità di svalutare la moneta: e l'unico modo per prendere i due piccioni con una fava é quella di far uscire dall'Eurogruppo il partner più forte, Berlino che dal canto suo otterrebbe come vantaggio quello di poter sviluppare una autonoma politica economica senza più la zavorra degli altri Paesi meno competitivi.

martedì 17 aprile 2012

L'attacco talebano a Kabul e la geopolitica del bicchiere mezzo pieno-mezzo vuoto

Se fossi un'abitante di Kabul come dovrei reagire agli attacchi talebani che domenica hanno provocato circa 50 morti nella capitale?. Dovrei sentirmi preoccupato per la massiccia azione militare degli integralisti islamici oppure sollevato perchè dopo alcune ore di battaglia le forze di polizia afghane sono riuscite a rintuzzare la minaccia?
Difficile da dirsi anche perchè non sono un abitante di Kabul nè un afghano. Sono però un cittadino di uno Stato che partecipa alla coalizione ISAF e che dopo anni di intervento si sta chiedendo, senza ottenere risposte convincenti, quando finirà la guerra ( perchè di guerra si tratta) e chi la stia vincendo.

Le differenze tra Berlusconi e Monti

In questo periodo di crisi economica pagata a caro prezzo sul fronte della disoccupazione e della pressione fiscale vi è la tentazione di pensare che tra Berlusconi e Monti le differenze siano ben poche o addirittura che il cambio di inquilino a Palazzo Chigi sarebbe stato meglio non ci fosse mai stato.
Ognuno in democrazia ha il diritto di avere le proprie opinioni: personalmente credo che tra la politica dei condoni e dei capitali scudati e quella della tracciabilità della moneta, dei controlli antievasione sulle auto di lusso e dell'accessibilità degli estratti conti da parte dell'Agenzia delle entrate una qualche differenza ci sia.
Così come ritengo non irrilevante la discontinuità tra il beauty contest che assegnava gratuitamente le frequenze televisive e chi invece quelle frequenze le metterà all'asta. Ugualmente da tenere in considerazione le decine di miliardi di euro risparmiati dalla riduzione dei rendimenti sui titoli di Stato già avvenuta tra novembre e marzo.
In una democrazia è lecito e doveroso tenere alta la guardia della critica ma ugualmente necessario coltivare la memoria, altrimenti si lascia spazio ai danni fatti dai piazzisti che vendono l'illusione di un nuovo miracolo italiano

domenica 15 aprile 2012

Monti ritiri la tassa sulle disgrazie: è incostituzionale e recessiva

Con il ddl di riforma per la protezione civile il governo Monti ha riesumato "la tassa sulle disgrazie": in caso di calamità naturali le Regioni avranno la facoltà di introdurre un aumento di 5 centesimi dell'accisa sulla benzina per finanziare gli interventi con cui far fronte all'emergenza. Si tratta di un provvedimento che la Corte Costituzionale aveva già bocciato e che ora viene ripresentato non più sotto forma di obbligo per le Regioni di reintrodurre la tassa ma di scelta discrezionale.
Il governo dei professori dovrebbe cominciare a rendersi conto che usare l'aumento delle tasse sulla benzina coem tappabuchi universale per il dissestato bilancio pubblico danneggia pesantemente l'economia, giacchè non incide solo sulle tasche degli automobilisti, ma si riflette anche sull'aumento sui prezzi dei beni di consumi, con annesso rischio di ingenerare speculazioni. E' auspicabile un'immediata retromarcia e qualora ciò non avvenga una nuova pronuncia della Consulta che elimini questo assurdo e dannoso balzello

mercoledì 11 aprile 2012

Le contraddizioni della Turchia tra boom economico, laicità, diritti umani e rapporti con l'UE

La Turchia, Paese che durante la guerra fredda aveva un ruolo di semplice sentinella sul fianco sud della NATO è ora la locomotiva economica dell'Europa: la crescita del PIL della Turchia nel 2011 ( 8,5 per cento ) non è stato molto inferiore a quello della Cina . I progressi sono fortemente connessi con lo sviluppo urbano: Istanbul è passata dal milione e mezzo di abitanti del 1995 ai 12 milioni del 2012 ed è divenuto un dinamico centro finanziario.
I controversi giudizi sul partito al governo: Giustizia e sviluppo ( AKP) discende da un movimento apertamente islamico fondato nel 1960 ma rifiuta la definzione di partito islamista e da dieci anni al potere è la forza politica che ha saputo meglio incarnare questa rapida ascesa economica e sinora non ha intaccato la costituzione laica del Paese. Piuttosto si propone come un partito conservatore che guarda alla religione nella vita pubblica come come strumento più grande per rendere la Turchia più pienamente democratica. Una distinzione ambigua e sottile che non cessa di preoccupare i suoi critici. Il suo laeader e capo del governo Recep Tayyip Erdoğan anni addietro paragonò i fedeli a dei soldati e fu fotografo con capi militari afghani talebani ma deve la sua ascesa politica alle buone qualità di amministratore mostrate da sindaco di Istanbul.
La condizione femminile. Lo stato laico creato da Ataturk ha dato alle donne turche diritti e libertà assenti in molti altri paesi a maggioranza musulmana. Il suffragio universale è stato introdotto nel 1930, la legge islamica sostituita con codici di ispirazione europea, la poligamia proibita. Ma il partito AKP ha cercato di far reintrodurre l'uso del velo per le donne nelle università con una legge bocciata dalla Corte Costituzionale. Uno studio del World Economic Forum ha rivelato che il gap di genere in Turchia resta tra i più alti del pianeta: solo un quarto delle donne turche adulte lavorano. E secondo studi recenti il 42,5% delle donne sopra i 15 anni ha subito violenze fisiche o psicolgiche da mariti o compagni.
Una stampa parzialmente libera. per un verso c'è un discreto pluralismo dell'informazione con 35 testate nazionali e numerosi canali video via cavo e satellitari. Per contro il bacino di utenza dei giornali con 4, 5 milioni di lettori nel Paese resta molto ridotto.I proprietari dei media tendono a farne un uso strumentale al perseguimento di interessi finanziari esterni e a cercare di compiacere il governo, che oltretutto ha il potere di nomina del capo della televisione di Stato. Infine oltre 100 giornalisti sono attualmente in carcere per lo più per reati connessi alla libertà di stampa così come molti tra coloro in custodia cautelare sono attivisti curdi arrestati con l'accusa di favoreggiamento al terrorismo.
Il ruolo dell'esercito.Le forze armate turche nella loro missione di difendere il paese si sono preoccupate sopratutto di difendere il Paese dai nemici interni - identificati di volta in volta nel radicalismo politico, nelle forze religiose reazionarie o nel separatismo curdo. La Turchia in tre circostanze ha conosciuto un interregno con i militari direttamente al potere (1960-1961, 1971-1973 e 1980-1983) e nel 1997 i militari fecero pressioni sul governo di coalizione eletto del paese, causandone la caduta. Il governo Erdogan sembra essere riuscito a frenare questa invadenza degli ufficiali con la scoperta di una organizzazione di cospiratori nota come Ergenekon di cui facevano parte anche militari: il 15 per cento degli alti ufficiali sono ora sotto processo per aver complottato per rovesciare l'Akp dal potere, e anche gli organizzatori di un colpo di stato nel 1980 - compreso l'ex presidente Kenan Evren - sono anch'essi sotto processo .
Un islam a più facce. Accanto al sunnismo, i cui principi vengono insegnati anche a scuola e che costituisce la fazione islamica prevalente in Turchia, risiede una minoranza di Aleviti comprendenti almeno il 15 per cento della popolazione e che pratica una varietà dell'islam sciita che incorpora elementi di misticismo e religione popolare, e, in alcuni casi, mostra una indifferenza a molte delle pratiche connesse con l'Islam tradizionale - tra cui il digiuno obbligatorio durante il mese di Ramadan e persino il pellegrinaggio alla Mecca. Gli aleviti si considerano dei sostenitori della laicità dello Stato anche perché le istituzioni consentono loro di portare avanti con tolleranza la loro particolare cultura religiosa dissonante dall'ortodossia.
I Rapporti con l'UE.Da tempo la Turchia ambisce a diventare uno Stato membro dell'Unione Europea. Già nel 1959 aveva presentato domanda di associazione all'allora CEE e nel 1963 aveva siglato un accordo che doveva costituire il preludio all'adesione alla Comunità europea. Sono passati 50 anni ma passi in avanti non se ne sono fatti: nel 2005 i negoziati tra Ankara e Bruxelles si sono conclusi con un nulla di fatto. Dal 1996 la Turchia ha costituito con l'Unione europea un Unione dogonale che consente il libero scambio tra prodotti europei e turchi. Ma Fintanto che la Turchia non è un membro a pieno titolo dell'UE, rimane al di fuori delle decisioni del Consiglio dell'UE anche per ciò che riguarda l'Unione doganale. Ciò significa che Ankara applica un regime tariffario dell'UE su cui non ha voce in capitolo, e che il suo commercio con i paesi extraUE viene regolato a Bruxelles. La Turchia è il quinto Paese di destinazione per le merci europee esportate. E infatti tra i fautori dell'ingresso del Paese nell'Unione vi sono coloro che guardano con interesse all'incorporazione di un mercato molto promettente per le merci e i prodotti finanziari del vecchio continente

martedì 10 aprile 2012

Piazza Affari crolla. Le banche italiane sul banco degli imputati.

Piazza Affari crolla (-5%), lo spread risale a 400 punti e i titoli delle banche vanno in picchiata. Come interpretare questa improvvisa turbolenza finanziaria dopo mesi di relativa quiete? Per provare a dare una risposta è necessario individuare i bersagli dell'inquietudine dei mercati. L'occasione è stata fornita dalle notizie poco incoraggianti sulla crescita in Cina e negli Usa. Ma non è un caso che tra le borse europee, Milano abbia fatto registrare il tonfo più sordo né che le azioni di istituti di credito come Unicredit e Intesa San Paolo abbiano registrato perdite dell’8%.
Sul banco degli imputati ci sono le banche italiane che hanno ricevuto finanziamenti al tasso di favore dell’1% utilizzandoli per operazioni speculative di acquisto di titoli di Stato o per riscattare le loro obbligazioni invece di immettere liquidità nel circolo produttivo. Le banche non stanno facendo il loro dovere per rilanciare la crescita. C'è da sperare che quello di oggi sia solo un avvertimento e non il segnale di una più vasta perdita di fiducia verso le capacità dei nostri istituti di credito che rischierebbe di avere pesanti ricadute sull'intero sistema economico italiano. Ma soprattutto è venuto il momento che anche il governo Monti cominci ad alzare la voce per richiamare la finanza nostrana ad una chiara assunzione di responsabilità.

giovedì 5 aprile 2012

Le dimissioni di Bossi da segretario della Lega e le ombre sul futuro del partito

Umberto Bossi
Le dimissioni di Umberto Bossi da segretario della Lega segnano il capitolo finale della degenerazione della Lega da movimento di lotta a partito invischiato nelle opacità del palazzo. L'episodio che ha determinato il passo indietro del Senatur è l'indagine a carico del tesoriere del Carroccio Francesco Belsito che secondo l'accusa stornava i soldi provenienti dai rimborsi elettorali verso attività del tutto estranee all'attività del partito ivi compresi gli affari privati della famiglia Bossi.
L'immagine del Carrocio appariva già da tempo sbiadita con la stessa dimensione dei rimborsi elettorali ( 22 milioni di rimborsi elettorali contro gli 8 effettivamente spesi) che destava non poco perplessità. E poi gli investimenti in Tanzania e Cipro, il nepotismo con l'ascesa nella gararchie del partito di Renzo il "trota" Bossi, figlio di Umberto, e scelte politiche discutibili sotto il profilo della trasparenza morale come quella di votare contro l'arresto di Cosentino, avvallata dal leader leghista in persona.
Il Consiglio federale leghista nell'accettare le dimissioni di Bossi lo ha nominato presidente: una scelta forse di cuore ma sopratutto necessaria per evitare uno sconvolgimento troppo repentino e difficlmente gestibile dall'interno perché il Senatur rimane il simbolo del partito e di una battaglia centralista a cui si vuole dare continuità.Nella speranza che gli sviluppi delle indagini non rivelino fatti ancor più compromettenti
Ma la sopravvivenza politica della Lega dipenderà dalla capacità dei suoi dirigenti di invertire drasticamente rotta rispetto alle ultime vicende, e dalla fiducia che i militanti avranno ancora verso un partito che aveva fatto della lotta alla corruzione uno dei suoi cavalli di battaglia ma che ora nel familismo e nel malaffare sembra essere sprofondato fino al collo.

martedì 3 aprile 2012

Myanmar: Aung San Suu Kyi vince le elezioni ma il potere dei militari resta saldo

Aung San Suu Kyi
In Myanmar (ex Birmania) vittoria nelle elezioni parlamentari per il leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi e per il suo partito Lega nazionale per la democrazia che ha conquistato 43 seggi su 44 disponibili.
Positive le reazioni internazionali alle elezioni, le terze con un minimo accenno di pluralismo democratico da quando nel 1962 l'esercito instaurò la dittatura.
L'Unione europea ha annunciato che vuol dare un segnale positivo riesaminando la sua politica di sanzioni contro la giunta militare al potere. E il primo ministro indiano Singh ha annunciato di voler visitare il Paese al più presto.
Il rischio che la comunità internazionale non deve correre e quello di farsi trascinare dall'euforia giacchè nonostante il successo elettorale dell'opposizione il Parlamento resta ancora dominato dal partito ei militari e dal blocco di seggi riservati ai membri non eletti delle forze armate. Dimenticare la repressione delle libertà e del dissenso compiute per decenni dai militari sarebbe la peggior risposa ai faticosi progressi verso la democrazia compiuti da Suu Kyi e dai suoi sostenitori.

giovedì 29 marzo 2012

L'IMU tartassa gli anziani in casa di riposo

Secondo il sindacato pensionati Spi Cgil, sulla base dell'art 13 del decreto salvaitalia gli anziani lungodegenti nelle case di riposo dovranno pagare l'IMU sull'abitazione di proprietà lasciata vuota come seconda casa con conseguente aggravio dell'imposta che passerebbe al 7,6 per mille contro il 4 da pagare per l’abitazione principale.
Una norma assurda e incivile che penalizza i vecchi più deboli che sono costretti a vivere in una casa di riposo perchè non più autosufficienti. Un balzello da cancellaare al più presto in nome di quell'equità tanto sbandierata a parole ma troppo spesso calpestata nei fatti

mercoledì 28 marzo 2012

Il potere finanziario della Cina sopprimerà la democrazia?

Mario Monti si è recato in Estremo Oriente con il dichiarato obiettivo di riuscire ad attrarre da quella regione investimenti verso il nostro Paese. E il presidente cinese Hu Jintao ha strizzato l'occhio ai desiderata del nostro premier promettendo il prossimo avvento in Italia di massicci capitali. L'economista Monti si muove sul presupposto che sviluppare intensi rapporti con un gigante economico come la Cina costituisca un'occasione per stimolare la crescita italiana. Ma si affacciano anche inside politiche a far da contraltare ai vantaggi economici. L'ingresso della Cina nell'organizzazzione mondiale del commercio venne favorito anche nella convinzione che un apertura di quella nazione al mercato globale avrebbe stimolato anche la diffusione dei diritti civili e politici a beneficio dell popolo cinese. Da allora sono passati 11 anni e le speranze di un'apertura democratica della Cina si sono rivelate illusorie: allo sviluppo economico non si è accompagnata una crescita delle libertà democratiche e il partito comunista cinese continua a reprimere violentemente ogni manifestazione di dissenso interno verso i suoi sistemi di gestione del potere.
Per di più i rapporti di forza si sono invertiti in breve tempo e la Cina da territorio di conquista si è tramutato in un colosso in grado di imporre la sua influenza finanziaria e politica al più alto livello con le tradizionali potenze ( compresi gli Stati Uniti) che si trovano sempre più spesso a dover giocare in difesa di fronte alla sua spregiudicata aggressività.
Per l'Italia favorire la penetrazione nella nostra realtà economico-finanziaria dei grandi capitali provenienti da regimi che con il rispetto dei diritti umani e del pluralismo democratico hanno poca a nessuna dimestichezza potrebbe risultare un processo arduo da controllare, comportando lo spiacevole corollario di una colonizzazione economica cui faccia conseguentemente seguito la svendita di quei diritti faticosamente conquistati dalle democrazie liberali. Un rischio di cui il Monti presidente del Consiglio dovrebbe tenere adeguatamente conto.

domenica 25 marzo 2012

Nell'art 18 della Fornero domina il giudice e il profitto degli avvocati

Fornero e Monti

Nel nuovo articolo 18 così come previsto dalla riforma lavoro della Fornero domina la figura del giudice: a lui spetterà decidere se un licenziamento è discriminatorio, disciplinare o motivato da ragioni economiche, se ci dovrà essere la reintegrazione nel posto di lavoro o il risarcimento e in quest'ultimo caso dovrà stabilirne l'entità. L'enorme discrezionalità nella valutazione della prova rischia di lasciare spazio a un procedimento lungo e conflittuale, a una giurisprudenza contradditoria con enormi incertezze nell'applicazione delle norme. Gli avvocati avranno terreno per mettere in piedi molte più cause di lavoro dagli esiti simili a quelli di una roulette russa: sono sopratutto loro a beneficiare con ricche parcelle di queste modifiche

giovedì 15 marzo 2012

La Cassazione con la sentenza Dell'Utri boccia davvero il metodo Falcone?

Per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa Marcello dell'Utri non è stato assolto dalla Cassazione. La Suprema Corte ha annullato la sentenza di condanna in appello e a disposto il rinvio a un nuovo processo da tenersi con nuovi giudici. Bisognerà leggere le motivazioni della sentenza, ma non è da escludere che l'impianto accusatorio non sia stato valutato completamente infondato, altrimenti il verdetto più logico in caso di acclarata innocenza sarebbe stato di assoluzione senza rinvio.
La decisione risponde alle richieste del pg Iacoviello che nella sua requisitoria aveva rilevato una insufficiente motivazione a corredo della sentenza di condanna e il mancato esercizio del ragionevole dubbio a favore dell'imputato.
Il concorso esterno in associazione mafiosa è un reato creato dalla giurisprudenza, interpretando estensivamente l'art 416 bis del codice penale che tipizza l'associazione mafiosa non il concorso esterno. Tale reato ha dato luogo a notevole variazioni interpretative in grado di mettere a rischio la stessa certezza del diritto. Un punto di debolezza messo in luce che ha enfaticamente evidenziato come al concorso esterno come reato "non crede più nessuno"
Secondo magistrati come Caselli e Ingroia la requisitoria del pg ha delegittimato il metodo Falcone. Ma è veramente così? Per accertarsene è sufficiente andare a recuperare il pensiero autentico di Giovanni Flacone che così si espresse nel libro "Cose di Cosa nostra" scritto insieme a Marcelle Padovani.
"La famosa Legge Rognoni—La Torre, votata nel 1982, che ha introdotto lo specifico delitto di associazione mafiosa, in fondo non ha fatto che perfezionate questa linea di tendenza e questa strategia di contrasto al crimine organinizzato, valorizzando 1’esperienza dello «specifico» mafioso e introducendo nella fattispecie del delitto associativo elementi, quali l'intimidazione, l'assoggettamento delle vittime e l`omertà che non erano previsti nell'ordinaria associazione per delinquere.
 Tuttavia la Legge La Torre, studiata per perseguire specificamente il fenomeno mafioso e per porre rimedio alla mancanza di prove, dovuta alla limitata collaborazione dei cittadini e alla difficoltà intrinseca nei processi contro mafiosi di ottenere testimonianze, non sembra che abbia apportato contributi decisivi nella lotta alla mafia. Anzi, vi è i pericolo che si privilegino discutibili strade intese a valorizzare ai fini di una condanna elementi sufficienti solo per aprire un’inchiesta. Tutto dovrebbe cambiare a seguito della entrata in vigore, nel 1989. del nuovo Codice di procedura penale di tipo accusatorio. Non si potrà ancora a lungo, a mio parere, continuare a punire il vecchio delitto di associazione in quanto tale, ma bisognerà orientarsi verso la ricerca della prova dei reati specifici, Con la nuova procedura, infatti, la prova, come nei processi dei paesi anglosassoni, deve essere formata nel corso del pubblico dibattimento. Il che rende estremamente difficile, in mancanza di concreti elementi di colpevolezza per i delitti specifici, la dimostrazione dell'appartenenza di un soggetto a un'organizzazione criminosa; appartenenza che si desume generalmente da elementi indiretti e indiziari di difficile acquisizione dibattimentale. C'è il rischio che non si riesca a provare, col nuovo rito, nemmeno l'esistenza di Cosa nostra!"

Dunque Giovanni Falcone rilevava la forbice tra i comportamenti concreti comportamenti degli imputati per concorso esterno che si risolvono per lo più in indizi e la necessità di individuare concreti elementi di prova per giungere alla definizione di un reato e alla conseguente condanna. Egli profeticamente denunciava quel vuoto legislativo che venti anni dopo sarebbe stato smascherato dalla requisitoria pg: il concorso esterno per come è formulato oggi non costituisce un reato autonomo ma può essere riscontrato solo quando la contiguità tra Cosa Nostra e l'imputato abbia prodotto altre fattispecie di reato. Per arginare le collusioni tra la società, la politica,l'economia e la mafia dunque occorre eliminare ogni divergenza interpretativa in sede giudiziaria e stabilire con chiarezza per legge quali comportamenti concreti tenuti da un non associato alla mafia possano costituire reato. Ma c'è la volontà di fare questo tipo legge? c'è la volontà di fare chiarezza? c'è la volontà di combattere la mafia?