domenica 27 novembre 2011

In Egitto i giovani si riprendono piazza Tahrir. Il ruolo dell'esercito e le ambiguità dei Fratelli Musulmani

I giovani egiziani che credono nella democrazia si ritrovano di nuovo, come all'inizio dell'anno, in piazza Tahrir per riappropriarsi della rivoluzione a loro scippata dai militari che invece cercano di mantenere il potere e i propri decennali privilegi. I manifestanti chiedono che il Consiglio Supremo delle forze armate guidato dal maresciallo Tantawi ceda a un governo civile di unità nazionale l’interim del potere che detiene attualmente; ma i militari non sono disposti a lasciare e dopo essersi scusati per la sanguinosa repressione delle proteste hanno rilanciato nominando primo ministro Kamal Ganzouri un vecchio collaboratore del deposto rais Mubarak. Al centro dell'attenzione di chi protesta c'è anche la regolarità delle imminenti le elezioni parlamentari: dal 28 novembre all'inizio di gennaio in tre giornate consecutive verrà rinnovata la camera bassa; successivamente in altre tre tornate fino a marzo gli egiziani voteranno per la camera alta; quindi il parlamento eleggerà un'assemblea costituente che dovrà redigere la nuova legge fondamentale del paese e infine entro giugno si procederà all'elezione del nuovo presidente: un processo lungo e farraginoso che si teme sia stato progettato proprio per dilazionare la transizione del potere a favore dell'esercito.
Da sottolineare l'ambiguo atteggiamento dei Fratelli musulmani che avevano dato il via alle proteste perchè volevano le elezioni subito ( i sondaggi danno la coalizione dei partiti islamisti in testa con il 50% dei consensi) ma poi temendo di venire scavalcati dai gruppi più liberali hanno abbandonato le manifestazioni di piazza per trattare direttamente con i militari.

giovedì 24 novembre 2011

Il conflitto di interessi di Corrado Passera, la pecora nera del governo Monti


La compagine del governo Monti è composta da personalità di riconosciuta competenza. Tuttavia c'è chi potrebbe essere considerato la pecora nera dell'esecutivo: si tratta del nuovo superministro dello Sviluppo economico e delle infrastrutture Corrado Passera già amministratore delegato di banca Intesa San Paolo, il primo istituto bancario italiano per numero di clienti. Nonostante le sue dimissioni da Intesa, Passera si porta dietro alcune questioni che creano un conflitto con il corretto adempimento dell'incarico istituzionale appena assunto. A proposito di infrastutture, Passera ha favorito la creazione di un gruppo ferroviario privato, la Nuovo Trasporto Viaggiatori che è stata quotata in Borsa poco tempo prima che diventasse ministro.  Passera non è più l'amministratore di Banca Intesa, ma ne possedeva azioni e stock option fino a poco tempo fa. Banca Intesa ha interessi sostanziali nelle telecomunicazioni, in media, energia e trasporti: tutti settori di competenza del nuovo 'super-ministro.
E giusto giudicare Corrado Passera sulla base del suo operato da ministro. Ma è allo stesso tempo doveroso che lui nel frattempo elimini ogni ragione di conflitto di interessi e venda o affidi a un fiduciario indipendenti le azioni delle società che potrebbero dare origine a tale contrapposizione.

Yemen: Saleh lascia il potere dopo 33 anni. Le incognite della transizione

Il presidente dello Yemen Ali Abdullah Saleh ha firmato nella capitale saudita Riad un accordo per lasciare il potere dopo 33 anni di ininterrotto dominio. Un altro dittatore che cede il passo al rinnovamento della primavera araba? alcuni elementi lo fanno dubitare . L'accordo garantisce a Saleh l'immunità, nonostante la contrarietà dell'opposizione che avrebbe voluto sottoporlo a processo. Inoltre Saleh rimarrà per 90 giorni al potere come presidente onorario lasciando al suo vice il compito di indire nuove elezioni. Saleh quando si rivolge al suo popolo invitandolo all'unità , non parla da sconfitto: sembra di trovarsi di fronte ad esercizi di equilibrismo di un personaggio spregiudicato sempre sopravissuto alle azioni dei rivali e che intende continuare a giocare un ruolo attivo nella vita politica del Paese, anche se privato del ruolo di comando.
Restano forti le incognite per un paese poverissimo segnato dalla carestia e dalla mancanza d'acqua e di petrolio. Resteranno da affrontare i dissidi tribali e le divisioni tra nord e sud nonchè la forte presenza di Al Qaeda: tutte situazioni sinora sfruttate e alimentate da Saleh per rimanere al potere.

lunedì 21 novembre 2011

In Spagna i popolari di Mariano Rajoy vincono le elezioni. Ma restano le incognite della crisi economica


Il partito popolare guidato da Mariano Rajoy, ha vinto le elezioni parlamentari in Spagna con la garanzia di formare il nuovo governo con una netta maggioranza nella camera bassa ( 186 seggi circa su 350). I risultati ufficiali sono praticamente completi e danno al PP il 44% dei voti contro il 29% dei socialisti. L'esito del voto era quasi scontato: la Spagna deve affrontare una pesantissima crisi economica che il governo socialista di Zapatero non è riuscita ad arginare con il deficit dello Stato al 9,3% ( dato del 2010) e oltre 5 milioni di disoccupati. Ma si hanno molti dubbi sul fatto che Rajoy sia in grado di attuare una politica economica che permetta al Paese di uscire dal tunnel tanto più se si considera che la bolla immobiliare che ha originato il collasso economico spagnolo ha preso piede al tempo del governo del popolare Aznar.Le prime reazioni negative dei mercati confermano questa complessiva sfiducia: la borsa di Madrid è partita con il segno meno e il tasso di interesse dei Bonos, i titoli di stato iberici, è in netto rialzo.

venerdì 18 novembre 2011

Monti, l'Europa e i tormenti del Fatto Quotidiano

Mi ha colpito il titolo del "Fatto quotidiano" a commento del discorso programmatico di Monti in Senato. "Tasse, lavoro e Ici, l'amara medicina di Monti".
Forse Padellaro, Travaglio e soci preferivano chi annunciava meno tasse per tutti, un milione di posti di lavoro e l'abolizione dell'ICI. Amano Berlusconi ma non hanno il coraggio di dirlo apertamente ai loro lettori?
Il governo Monti si appresta a varare misure impopolari che comporteranno grossi sacrifici per gli Italiani. L'obiettivo è quello di evitare il collasso dei conti pubblici, stimolare la crescita economica e riacquisire quella credibilità necessaria per fronteggiare le offensive della speculazione finanziaria e per restituire all'Italia la necessaria autorevolezza sul tavolo europeo e globale. Anche dalla stampa, orfana delle prodezze del Cavaliere, è lecito attendersi un innalzamento "a livello europeo" degli standard di critica. Serve più costrutto e meno demagogia, meno richiamo alla pancia e più alla testa dei lettori.

domenica 13 novembre 2011

Le dimissioni di Berlusconi: bilancio e eredità di un'era politica

Le dimissioni di Berlusconi certificano la crisi del berlusconismo ma non necessariamente ne determinano la fine . Il Cavaliere è portatore di interessi diffusi e consolidati che non si eclissano da un giorno all'altro: probabilmente continuerà a giocare un ruolo importante nella vita politica ancora per un po' di tempo ma difficilmente lo rivedremo a Palazzo Chigi. Forse in futuro sarà qualche suo colonnello ( Alfano? Gianni Letta?) a tornare al governo.
Berlusconi anche nel momento del declino rappresenta un'anomalia: non è stato mandato via dall'opposizione o da una sconfitta elettorale come avviene nella normale prassi democratica ma dal giudizio dei mercati e dalla sfiducia dell'Unione Europea e della comunità internazionale.
Berlusconi si è presentato come liberale ma in realtà ha rappresentato l'incarnazione di un populismo dalle facili promesse continuamente non mantenute. E' rimasto tanto al potere perchè gli elettori lo hanno scelto democraticamente, sedotti inizialmente dalla sua storia imprenditoriale di successo. Poi gli Italiani hanno continuato a dargli fiducia nonostante i fallimenti perché chi doveva rappresentare un'alternativa non si è mostrato in grado di fare di meglio. Da destra a sinistra tutta la classe politica di questi anni è stata inadeguata. A Mario Monti l'onere di supplire per un po' di tempo a questa mediocrità, di provare a ricostruire dove altri hanno lasciato macerie. Nel frattempo tutti dovremo prepararci a fare meglio: i politici a essere un un po' più uomini di Stato, i cittadini a scegliersi rappresentanti migliori degli attuali.

sabato 12 novembre 2011

La carta Mario Monti contro i giochetti della politica italiana


Da quando il presidente della Repubblica ha fatto chiaramente intendere di privilegiare l'opzione Mario Monti lo spread tra titoli italiani e tedeschi è sceso in due giorni da 575 a 462 punti base. A dimostrare quanto sia importante la credibilità nell'economia, il solo effetto annuncio è stato in grado di far risparmiare agli italiani 20000 miliardi di interessi.
Mario Monti ha già fatto intendere il suo eventuale programma di governo: provvedimenti mirati volti a risanare il Paese, certamente impopolari ma necessari a recuperare la giusta rotta nel mare in tempesta della crisi globale. Da una parte la riduzione della spesa corrente ad esempio con la riforma delle pensioni , dall'altra interventi sulla tassazione, come una patrimoniale per i ceti più abbienti, che vanno in direzione di una maggiore equità sociale.
Credo che gli Italiani abbiano capito che sono necessari dei sacrifici anche pesanti. All'orizzonte non si vedono alternative eppure una parte della classe politica continua imperterrita nelle loro manovre di palazzo, incurante dei tempi sempre più ristretti che rimangono per evitare di sprofondare nel baratro

giovedì 10 novembre 2011

Tra Napolitano e Mario Monti restano gli interessi di bottega dei partiti

La scelta di Napolitano di nominare Mario Monti senatore a vita è stato un geniale atto di alta politica: il presidente della repubblica ha dato indicazioni ai partiti su come intenderà gestire la crisi e ha forniti un segnale rassicurante ai mercati che infatti hanno reagito riducendo lo spread sia pur di poco. Il fatto che l'atto di nomina sia avvenuto con la controfirma del presidente del consiglio dimissionario Berlusconi è un atto importante di disponibilità a prendere in considerazione l'ipotesi di un governo tecnico. Tuttavia l'ipotesi Monti a Palazzo Chigi non può essere data ancora per acquisita. Ci sono le divisioni all'interno del PDL e le forze politiche , in primis Lega e IDV, che mirano a coltivare i propri interessi di bottega e sperando di guadagnare qualche fetta di consenso premono per andare subito al voto ignorando le possibili gravi ripercussioni che questo comporterebbe per la solidità economico- finanziaria del Paese.
E' il momento della responsabilità: gli sforzi del Presidente della Repubblica di restituire credibilità al nostro Paese si riveleranno inutili se la classe politica non si muoverà nella stessa direzione

mercoledì 9 novembre 2011

Il governo tecnico ultima spiaggia dell'Italia nel dopo Berlusconi

Nemmeno l'annuncio delle prossime dimissioni di Berlusconi subito dopo l'approvazione della legge di stabilità sembra dare respiro alle Borse che hanno registrato un ulteriore crollo mentre lo spread tra Btp e titoli tedeschi si è alzato fino a 575 punti. Forse i timori non riguardano solo un possibile tentativo del Cavaliere di allungare i tempi, ma coinvolgono una sfiducia nel complesso del sistema politico italiano. Con questa legge elettorale infatti non è garantito che l'esito delle urne possa fare emergere una solida maggioranza in grado di governare. E' forte il rischio di replicare le condizioni dei governi Prodi e Berlusconi sostenuti da esigui numeri in Parlamento e con coalizioni eterogenee e litigiose. Questa è la grande differenza con la Spagna dove non si ebbe lo stesso effetto di panico  all'annuncio delle elezioni anticipate: a Madrid sanno che chiunque vincerà le elezioni sarà messo in condizione di potersi assumere le responsabilità di governo. Nessuna delle forze politiche sembra poi in grado di sostenere il peso delle misure lacrime e a sangue ( e dunque necessariamente impopolari) necessarie per far uscire l'Italia dai guai.
Un governo tecnico guidato da personalità di sicura competenza e autorevolezza internazionale, come Mario Monti, che spedisca in soffitta il Porcellum e affronti con decisione e immediatezza l'emergenza è quantomai necessario. Una volta create le condizioni per superare la tempesta la parola potrà tornare alla politica e al giudizio del popolo sovrano

domenica 6 novembre 2011

L'autunno della primavera araba: l'islam politico del Cnt in Libia ed Ennhada in Tunisia

Ennhada, partito islamico moderato ha vinto le elezioni per l'assemblea costituente in Tunisia. Non è una sorpresa questa svolta islamica: nel regime repressivo di Ben Ali la moschea restava il principale luogo in cui poter maturare una qualche forma di opposizione. Secondo gli osservatori internazionali le elezioni si sono svolte secondo i crismi della democraticità. Ma Ennhada avrà la volontà di difendere questo processo democratico? Il grande interrogativo resta la compatibilità di questo islam moderato con il pluralismo. Nel frattempo si parla di modificare il codice della famiglia proibendo l'adozione. Piccoli segnali, ma pur sempre inquietanti.
Il leader di Ennhada Rachid Ghannouchi sostiene che la sharia sarà una della fonti del diritto. In libia il presidente del Consiglio Nazionale Transitorio (Cnt) Mustafa Jalil si è spinto ben oltre affermando che la nuova costituzione sarà ispirata principalmente alla legge islamica. Sull'Egitto ho già parlato del ruolo di primo piano assunto dai Fratelli Musulmani nella transizione e della difficoltà dei movimenti laici a far sentire la loro voce. Per la Tunisia è ancora troppo presto per esprimersie e bisognerà monitorare se le promesse di un "islam liberale" e rispettoso dei diritti delle donne verranno mantenute, ma in Libia ed Egitto l'evolversi della situazione non incoraggia le speranze dei fautori di una primavera araba all'insegna della laicità e delle libertà individuali.

venerdì 4 novembre 2011

Il bluff di Papandreou sugli aiuti UE alla Grecia: la politica al tavolo da poker

Papandreou ha deciso di ritirare la proposta di referendum sul piano di aiuti per la Grecia. Come previsto quella del premier ellenico si è rivelata una mossa da giocatore di poker, un bluff inscenato mettendo sul piatto quel poco di credibilità che la Grecia ancora possiede. Un pessimo esempio di una politica priva di coraggio che per mere ragioni di consenso sfrutta le paure per il futuro del popolo. Purtroppo di "statisti" alla Papandreou se ne vedono circolare sempre di più in Italia e in Europa

martedì 1 novembre 2011

Con il referendum di Papandreou la Grecia fuori dall'euro? I rischi per l'Italia

Se confermata, la decisione del premier greco George Papandreou di indire un referendum sul piano di aiuti predisposto dall'Europa deve essere considerata un'autentica follia : Atene ha un economia al collasso e dei conti pubblici disastrosi che per anni ha cercato di nascondere ricorrendo a operazioni finanziarie spregiudicate.
Papandreu ora cerca di scaricare le responsabilità per le inefficenze dello Stato ellenico. facendo leva demagogicamente sul malessere del suo popolo. Un voto dei greci contro il piano di salvataggio significherebbe l'uscita del Paese dall'euro. Ma la sola conferma dell'indizione del referendum rischia di minare l'efficacia degli aiuti gettando per mesi i mercati in un'ulteriore incertezza di cui proprio non si sentiva il bisogno.
Se la Grecia decide di rifiutare il salvagente che le viene offerto è giusto lasciarla al suo destino. Ma forse questo sarà solo il primo caso di un Paese costretto ad abbandondare la moneta unica. L'italia se non imparerà la lezione potrebbe essere una delle prossime vittime da sacrificare sull'altare del supereuro.