domenica 14 agosto 2011

Manovra di agosto con stangata da 45 miliardi. Pagano i soliti tartassati. Restano tabù la patrimoniale e le pensioni

Nella conferenza stampa che illustrava la nuova manovra finanziaria da 45 miliardi in due anni, Berlusconi aveva esordito dicendo una verità: se le Borse non sono crollate, se i rendimenti dei nostri titoli non sono schizzati verso valori insostenibili, il merito è della banca Centrale europea che ha comprato i Bot italiani garantendo sulla loro solvibilità e permettendo di calmierare i prezzi dei titoli di Stato. E poichè i soldi li hanno cacciati fuori i cittadini europei, in particolare ( per il 30%) i tedeschi, è logico che da Francoforte ( sede della BCE) chiedessero in cambio quelle misure di rigore finanziario nei conti pubblici necessarie per arginare la sfiducia dei mercati che a sua volta origina la speculazione.
I provvedimenti del decreto costituiscono un passo in avanti; forse potrebbero essere sufficienti ad arginare la tempesta finanziaria, ma sono davvero pochi gli interventi strutturali in grado di abbattere il debito pubblico. Oltre alle "una tantum", parecchie sono le misure non eque che vanno a colpire i soliti noti: taglio nei trasferimenti agli enti locali ( e il federalismo fiscale va sempre più a farsi benedire), contributo di solidarietà per redditi superiori a 90000 euro. Si tartassa chi già paga , cioè i dipendenti mentre riusciranno a farla franca molti autonomi e liberi professionisti che dichiarano importi inferiori. E' giusto rilevare che qualche decisione molto positiva è stata presa come il taglio di comuni e province al di sotto rispettivamente di 1000 e 300000 abitanti.

Complessivamente è mancato il coraggio di operare quelle riforme radicali che l'Europa ci chiedeva. Alcune di queste riforme sono presenti nella manovra alternativa del PD: liberalizzazioni delle professioni, tracciabilità dei pagamenti sopra i mille euro e descrizione aunnale del patrimonio nella dichiarazione dei redditi per arginare l'evasione fiscale. Ma anche nelle proposte dei democratici abbondano le una tantum e sopratutto non si toccano i settori che costituiscono bacini di voti per la sinistra: rimane inalterato il carrozzone della pubblica amministrazione, per cui l'Europa aveva chiesto di introdurre la libertà di licenziare; non si interviene sulle pensioni, dove l'Italia ha la maggiore spesa in Europa che per di più assorbe la gran parte del nostro welfare ( in Italia la spesa previdenziale rappresenta il 67% della spesa totale per il welfare contro il 53% della media europea- UE15). Il grosso del debito pubblico italiano è stato accumulato tra gli anni 70 e l'inizio degli anni 90 , cioè da quelle generazioni che oggi sono per lo più già andate in pensione. Si tratta di persone che hanno condotto e conducono un livello di vita al di sopra di quanto hanno prodotto e versato con i contributi, e se non si opera un prelievo sulle loro pensioni, il peso di quel debito pubblico verrà scaricato esclusivamente, come già sta avvenendo sui giovani che non hanno alcuna responsabilità della gestione allegra della finanza pubblica nei passati decenni. Dunque il welfare andrebbe rimodulato con meno pensioni, e maggiore sostegno ai giovani sopratutto precari: sarà impopolare, ma bisogna andare in questa direzione se si vuole essere equi.

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