mercoledì 31 agosto 2011

Il dietrofront del governo e il conflitto tra generazioni sulle pensioni

Sulla manovra economica nel governo le idee sono poche ma confuse. Poche ore dopo aver tolta la possibilità di riscattare la laurea e il servizio militare ai fini pensionistici ci si accorge che il provvedimento potrebbe essere incostituzionale e lo si ritira.
Sempre a proposito di pensioni è gravissimo che si introduca il divieto di andare in pensione se non dopo aver maturato 40 anni di lavoro effettivi. Una misura che colpisce i più giovani mentre i diritti acquisiti da chi in pensione c'è già non vengono minimamente intaccati. Il reddito medio di un under 30 al primo impegno è di 823 euro. Per contro il 16% dei pensionati percepisce più di 1500 euro al mese. Figli e nipoti vengono tartassati, i loro diritti calpestati, i contributi usati per consentire a padri e i nonni di ritirare pensioni ben più alte dei loro stipendi. Il conflitto intergenerazionale è nei numeri e nei fatti. Alla faccia dell'equità!


lunedì 29 agosto 2011

La Libia del dopo Gheddafi tra intrighi, speranze e interrogativi

Con i ribelli oramai dentro Tripoli, il declino del potere di Gheddafi sembra oramai inesorabile. Ma non è detto che la fase di trasazione sia breve: Gheddafi potrebbe trasferisi a sud nella sua Sirte e gestire da li la sua battaglia. Ma se anche il rais venisse eliminato in breve tempo o fuggisse all'estero resterebbe insoluta la questione dei rapporti le tribù a lui fedeli e quelle dei rivoltosi; Robert Fisk che di problemi arabi se ne intende parla di una situazione di caos destinata a durare anni. Tra gli antigheddafiani ci sono le divisioni tra laici e islamisti più o meno moderati con gli eredi della vecchia monarchia senussita decisi a rivendicare il loro spazio. Se poi si dà uno sguardo alle biografie dei membri del Consiglio nazionale transitorio ( CNT) ci si accorge della vasta presenza di ex sodali di Gheddafi, pronti a fare il salto della quaglia con provvidenziale tempismo: Mahmoud Jibril primo ministro ad interim del CNT prima del voltafaccia guidava il consiglio dello sviluppo economico di Gheddafi; Mustafa Mohammed Abdul Jalil , presidente del CNT e già ministro della giustizia del governo di Gheddafi; Ali al-Isawi, vice premier del CNT ma ambasciatore in India e ministro dell'economia sotto Gheddafi; Abdel Rahman Shalgam, rappresentante del CNT all'ONU ed ex ministro degli esteri di Gheddafi.
Uomini pronti ad accordarsi con le potenze occidentali per la lucrosa gestione delle ricchezze naturali del Paese, ma forse non altrettanto adatti, visto l'ingombrante passato, per tutelare gli interessi dei libici. E chissà che uno spazio non possa essere trovato un posticipno anche ad Abdessalam Jalloud, l'ex vice di Gheddafi, fuggito in Italia solo pochi giorni fa e svelto a descrivere come un tiranno l'oramai ex vecchio amico. C'è poi la misteriosa morte del capo militare dei ribelli Abdel Fattah Younis, caduto in un agguato dei lealisti forse su imbeccata dei suoi compagni desiderosi di liberarsi di un'ingombrante personaggio. Un anticipo dei lunghi coltelli destinati a insanguinare il dopoguerrra?

sabato 27 agosto 2011

Benedire lo sciopero dei calciatori per occuparsi solo dei problemi veri dell'Italia

Con tutti i problemi in cui versa l'Italia in questo periodo di crisi, i nostri politici hanno il tempo di occuparsi ( bontà loro )dello sciopero dei calciatori. Ho ascoltato esponenti di destra e di sinistra, dal PDL Cicchitto al comunista Marco Rizzo illuminarci con i loro punti di vista sulla vicenda: tutti pronti a scagliarsi contro i superpagati e viziati dei del pallone . Questa condanna quasi unanime pronunciata da una casta politica che non avrebbe alcun titolo per mettersi a pontificare nei confronti di chicchessia, mi fa apparire più simpatica la posizione dell'AIC, il sindacato dei calciatori.
Se poi si entra nel merito della questione, per quale motivo i calciatori non possono avere il diritto di scioperare come qualsiasi altra categoria di lavoratori? Perché sono ricchi? Questo ne fa solo un facile bersaglio da esporre al ludibrio della pubblica opinione alle prese con le difficoltà del vivere quotidiano. Resta però il loro diritto a tutelarsi nella loro professionalità. Per di più la controparte sono i presidenti delle squadre di calcio. Una controversia privata tra ricchi dunque: che a pagare il contributo di solidarietà siano i calciatori o i loro presidenti, per il comune cittadino contribuente cambia ben poco. Che si scannino pure tra di loro, dunque. Occorre ricordare che nel precedente accordo collettivo la stipula dei contratti dei giocatori al "netto" era stata voluta proprio dalla Lega che sperava di ottenere delle agevolazioni fiscali che poi non sono mai arrivate. Ora che i presidenti si accorgono di aver clamorosamente toppato le previsioni scaricano demagogicamente i loro errori sui calciatori. Non è un caso che da quando il calcio è mutato da giocatolo per ricchi in industria dell'intrattenimento, i principi del capitalismo italico stiano perdendo clamorosamente competitività a livello internazionale.
Sull'altro argomento di dissidio, la richiesta dei presidenti di poter mettere fuori rosa a loro discrezione i giocatori non è altro che la pretesa legalizzazione di un atto di prepotenza con cui poter scaricare arbitrariamente onerosi contratti che loro stessi hanno firmato.
Ben venga lo sciopero ( anche se per Mario Sconcerti sarebbe più opportuno chiamarla serrata ): con il calcio gli italiani staccano la spina dalla realtà per immergersi in discussioni tanto appassionate quanto astruse. Se poi con l'indignazione per lo sciopero, viene meno la passione pallonara dei tifosi ancora meglio.
Senza l'arma di distrazione di massa l'attenzione sui problemi del Paese si spera possa essere totale. Dal profondo della loro inettitudine, tutt'altro che una buona notizia per i nostri politicanti.

domenica 21 agosto 2011

Prevedere, prevenire e sconfiggere la crisi economica con la trasparenza dei mercati e l'autorevolezza della politica

La crisi legata alla sostenibilità del debito pubblico non era prevedibile sostiene il ministro dell'economia Tremonti. Un articolo del Corriere lo smentisce: autorevoli economisti nel 2009 avevano illustrato il possibile scenario fatto di aumento dei tassi di interesse, aumento dello spread tra titoli italiani e tedeschi e panico dei mercati circa la solvibilità dei debiti sovrani.
A parte le evidenti e già citate mancanze di Tremonti nell'attuare politiche che potessero dare sostegno alla crescita, resta da capire come mai la prima fase della crisi, legata alla bolla immobiliare non sia stata arginata. La risposta all'interrogativo è : carenza di informazioni. Mentre per la finanza pubblica gli analisti dispongono dei dati necessari per delineare scenari futuri affidabili, per i derivati legati ai mutui subprime gli organismi di controllo e le agenzie di rating hanno totalmente fallito nel loro compito o forse sono state addirittura conniventi nel celare le informazioni circa la effettiva affidabilità degli investimenti connessi ai settori che avrebbero poi fatto crack. Forse questo ci aiuta a capire come il vero problema attuale sia la carenza di trasparenza nei mercati e la necessità di ripristinarla rinunciando al mito liberista del laissez-faire, senza però cadere nell'eccesso opposto del dirigismo. Basterebbe una politica che torni a dettare regole chiare e a farle rispettare con rigore assumendo un ruolo autorevole a livello globale, non più succube dei giochini della speculazione finanziaria: la libertà dei mercati è stata per troppo confusa con l'anarchia in cui il più furbo o il più disonesto ha soverchiato il piccolo risparmiatore. Ma l'attuale generazione di politici ha davvero la volontà e l'intelligenza per invertire la rotta prima che il disastro diventi irreparabile?

domenica 14 agosto 2011

Manovra di agosto con stangata da 45 miliardi. Pagano i soliti tartassati. Restano tabù la patrimoniale e le pensioni

Nella conferenza stampa che illustrava la nuova manovra finanziaria da 45 miliardi in due anni, Berlusconi aveva esordito dicendo una verità: se le Borse non sono crollate, se i rendimenti dei nostri titoli non sono schizzati verso valori insostenibili, il merito è della banca Centrale europea che ha comprato i Bot italiani garantendo sulla loro solvibilità e permettendo di calmierare i prezzi dei titoli di Stato. E poichè i soldi li hanno cacciati fuori i cittadini europei, in particolare ( per il 30%) i tedeschi, è logico che da Francoforte ( sede della BCE) chiedessero in cambio quelle misure di rigore finanziario nei conti pubblici necessarie per arginare la sfiducia dei mercati che a sua volta origina la speculazione.
I provvedimenti del decreto costituiscono un passo in avanti; forse potrebbero essere sufficienti ad arginare la tempesta finanziaria, ma sono davvero pochi gli interventi strutturali in grado di abbattere il debito pubblico. Oltre alle "una tantum", parecchie sono le misure non eque che vanno a colpire i soliti noti: taglio nei trasferimenti agli enti locali ( e il federalismo fiscale va sempre più a farsi benedire), contributo di solidarietà per redditi superiori a 90000 euro. Si tartassa chi già paga , cioè i dipendenti mentre riusciranno a farla franca molti autonomi e liberi professionisti che dichiarano importi inferiori. E' giusto rilevare che qualche decisione molto positiva è stata presa come il taglio di comuni e province al di sotto rispettivamente di 1000 e 300000 abitanti.

Complessivamente è mancato il coraggio di operare quelle riforme radicali che l'Europa ci chiedeva. Alcune di queste riforme sono presenti nella manovra alternativa del PD: liberalizzazioni delle professioni, tracciabilità dei pagamenti sopra i mille euro e descrizione aunnale del patrimonio nella dichiarazione dei redditi per arginare l'evasione fiscale. Ma anche nelle proposte dei democratici abbondano le una tantum e sopratutto non si toccano i settori che costituiscono bacini di voti per la sinistra: rimane inalterato il carrozzone della pubblica amministrazione, per cui l'Europa aveva chiesto di introdurre la libertà di licenziare; non si interviene sulle pensioni, dove l'Italia ha la maggiore spesa in Europa che per di più assorbe la gran parte del nostro welfare ( in Italia la spesa previdenziale rappresenta il 67% della spesa totale per il welfare contro il 53% della media europea- UE15). Il grosso del debito pubblico italiano è stato accumulato tra gli anni 70 e l'inizio degli anni 90 , cioè da quelle generazioni che oggi sono per lo più già andate in pensione. Si tratta di persone che hanno condotto e conducono un livello di vita al di sopra di quanto hanno prodotto e versato con i contributi, e se non si opera un prelievo sulle loro pensioni, il peso di quel debito pubblico verrà scaricato esclusivamente, come già sta avvenendo sui giovani che non hanno alcuna responsabilità della gestione allegra della finanza pubblica nei passati decenni. Dunque il welfare andrebbe rimodulato con meno pensioni, e maggiore sostegno ai giovani sopratutto precari: sarà impopolare, ma bisogna andare in questa direzione se si vuole essere equi.

Krugman, S&P e il debito pubblico americano.

Il nobel dell'economia Paul Krugman evidenzia come il downgrade del debito pubblico statunitense da parte dell'agenzia di rating Standard & Poor's , basato su un errore di calcolo, rischia però di produrre conseguenze gravi e negative sull' economia e la finanza: crolli in Borsa, aumento degli interessi sul debito, richiesta di ulteriori misure di rigore con effetti negativi per la ripresa economica.
Se questo episodio conferma l'inaffidabilità delle agenzie di rating, tuttavia la crescita abnorme del debito pubblico USA ( attestato al 96% del PIL) è un dato reale.
Ho già detto come le misure assunte da Obama potevano essere giudicate insufficienti dai mercati. Krugman attribuisce queste carenze "alla follia antitasse della destra repubblicana" che però potrebbe ribattere ricordando la costosissima riforma sanitaria messa in piedi dall'amministrazione Obama: E' il classico problema che divide le politiche economiche progressiste e conservatrici: più tasse o meno spesa pubblica?
Al netto dei contrasti politici resta la voragine nei conti pubblici che qualcuno in America dovrà pur risanare.

giovedì 11 agosto 2011

Quantitative easing: che cos'è e perché può servire ad arginare la crisi dei mercati finanziari

Il quantititative easing è l'immissione di moneta nel sistema finanziario da parte della banca centrale con operazioni di mercato aperto. Questa politica monetaria espansiva modifica anche il prezzo sul mercato dei titoli oggetto dell'acquisto. Nel caso dell'attuale crisi economica lo scopo sarebbe quello di acquistare titoli dei debiti sovrani in difficoltà ( Spagna e Italia) per proteggerli dall'aggressione della speculazione. E' quello che ha fatto la Banca centrale europea annunciando l'acquisto di titoli di Stato tra cui i Bot italiani: l'effetto dell'annuncio ha consentito immediatamente di ridurre lo spread tra titoli tedeschi e italiani che aveva raggiunto quote abnorme al di sopra dei 400 punti base. Ovviamente si tratta di una misura che può tamponare solo temporaneamente il panico nelle Borse: il resto lo devono fare gli Stati approntando misure di risanamento dei conti pubblici credibili.

mercoledì 3 agosto 2011

La speculazione aggredisce l'Italia: cosa dovrebbe fare il governo per uscire dalla crisi


L'Italia ha un debito pubblico altissimo e da decenni va incontro a crescita bassa o nulla: ciò la rende un bersaglio ideale per la speculazione finanziaria. Sono deboli i titoli di Stato che per essere venduti devono continuamente alzare il loro rendimento ( lo spread con i titoli tedeschi ha raggiunto oramai i valori di quelli spagnoli); sono fragili le azioni delle banche che di titoli di Stato italiani sono piene. Ho già detto che la manovra finanziaria di Tremonti è largamente insufficiente: rimanda al 2013 il problema risanamento dei conti pubblici e non suggerisce alcun progetto per la crescita. Il suo impianto deve essere rivisto immediatamente. Nello stesso tempo occorre mettere mano a quelle riforme che affrontino i motivi per cui il nostro Paese non attrae investimenti e si sta indebolendo nella competizione internazionale: snellire la burocrazia, ridurre i tempi della giustizia garantendo la certezza del diritto, investire nell'istruzione e nella ricerca dando le risorse ai cervelli che meritano e producono e per contro facendo tabula rasa attorno ai baroni parassiti, promuovere lo sviluppo tecnologico, rendere trasparenti i mercati favorendo la concorrenza. Un governo che abbia a cuore le sorti del Paese dovrebbe mettere in cima alla sua agenda questi temi su cui da decenni non si fanno progressi, lasciando perdere le leggi ad personam. La resa dei conti per l'Italia è prossima e se non si agisce il declino sarà inesorabile.

martedì 2 agosto 2011

Il rischio default e l'accordo sul tetto del debito ( debt ceiling) negli Stati Uniti: origine e conseguenze.

Negli Stati Uniti il Tesoro può emettere obbligazioni entro un certo tetto di debito del bilancio dello Stato,stabilito dal Congresso. Questa procedura del "tetto del debito"è stata introdotta nel 1917, durante la prima guerra mondiale; in precedenza era addirittura più severa perché il Tesoro per ogni singola emissione doveva ricevere un apposita autorizzazione dal Congresso. Il tetto del debito fissato in 14300 miliardi di dollari è stato superato nel 2011, quindi il Tesoro non aveva più potere di emettere titoli di debito: occorreva che il Congresso rialzasse il tetto del debito, altrimenti, senza più il finazniamento proveniente dai titoli di Stato ci sarebbe stato il default ovverosia l'incapacità da parte dell'amministrazione USA nel far fronte alle proprie spese.
Poichè la Camera è a maggioranza repubblicana, il presidente americano ha dovuto trovare un compromesso affinchè il Congresso autorizzasse l'innalzamento del debito. Nell'accordo bipartisan è previsto un immediato innalzamento del tetto del debito per 900 miliardi dietro garanzia di un corrispondente taglio della spesa; una seconda tranche di debito potrà essere prevista seguendo il seguente schema: una commissione paritetica Camera-Senato dovrà predisporre entro il giorno del Ringraziamento un ulteriore piano di tagli per 1500 miliardi di dollari. Se il Congresso lo approverà, il Tesoro potrà diporre di un altro rialzo del tetto del debito di parti importo. In caso contrario il debt ceiling aumenterà di 1200 miiardi di euro e verrà predispoto un corrispondente taglio della spesa proveniente per metà dal budget militare.
Obama è riuscito ad avere il default, salvando la sua riforma sanitaria, ma si è dovuto piegare alle richieste repubblicane ( in particolare del Tea Party) di non innalzare le tasse ai redditi più alti. Ma non è sicuro che l'accordo sia sufficiente a evitare il downgrade del debito pubblico americano da parte delle agenzie di rating che chiedevano un taglio delle spese di 4000 miliardi di dollari più alto da quello garantito da Obama ( 2400 miliardi).

Zapatero al passo d'addio. Una Spagna in ginocchio guarda al passato

Le elezioni generali in Spagna si svolgeranno il 20 novembre , con quattro mesi di anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura. E il premier Zapatero getta la spugna: il paladino dei diritti civili non si ricandiderà travolto dalla crisi economica in cui versa da anni il Paese. Il crollo della sua popolarità è dovuto all'incapacità tempestivamente i problemi della società spagnola che viveva al di sopra delle sue possibilità cavalcando l'illusione di una crescita senza freni. Problemi in un certo senso simili a quelli dell'Italia: chissà che non possa essere una proficua lezione per i politici e l'opinione pubblica di casa nostra
Non è detto che il successore sappia fare meglio di Zapatero: il leader dei popolari Mariano rajoy, e Alfredo Perez de Rubalcaba per i socialisti, rappresentano un ritorno alla vecchia politica degli Aznar e Felipe Gonzalez.