domenica 16 agosto 2009

Giorgio Bocca accusa i carabinieri di coesistere con la mafia.


In un'Italia boccheggiante per l'arsura ferragostana Giorgio Bocca surriscalda ulteriormente l'aria ( ma stavolta le ragioni metereologiche c'entrano poco) con un articolo pubblicato su L'Espresso in cui delinea un patto di coesistenza tra mafia carabinieri. Scrive Bocca :"i carabinieri, come la mafia, non sono qualcosa di estraneo e di ostile alla società siciliana, fanno parte e parte fondamentale del patto di coesistenza sul territorio, di controllo del territorio condiviso con la Chiesa e con la mafia. In ogni paese siciliano accanto alla Chiesa e al parroco c'è una caserma dei carabinieri e una cosca mafiosa." Si tratterebbe di un modus vivendi instauratosi da lungo tempo ( solo così si spiegherebbe il patto di coesistenza) e che coinvolgerebbe l'Arma da i carabineri dai suoi vertici fino alla sperduta caserma che si trova in ogni comune della Sicilia. Un accordo diffuso così capillarmente da rendere i carabinieri riottosi un copro estraneo da eliminare o trasferire ad altra sede. le fonti a cui si affida Bocca per queste conclusioni sono le immacolate personalità di Totò Riina e Massimo Ciancimino, quest'ultimo riciclatore di denaro sporco per conto del padre Don Vito sindaco mafioso di Palermo di inizio anni 80. Le loro versioni andrebbero ovviamente attentamente vagliate, mentre Giorgio Bocca le prende per oro colato.
Se Giorgio Bocca avesse ragione bisognerebbe considerare l'Arma dei carabinieri come un corpo di pavidi corrotti e tra i suoi membri chi non si adegua al corso dell'alleanza con Cosa Nostra va trasferito o eliminato ) com'è avvenuto con il generale dalla Chiesa). E' doveroso chiedere a Bocca di portare i riscontri fattuali delle su tesi; fino ad allora ciò che scrive andrà invece preso con beneficio d'inventario.

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