domenica 22 febbraio 2009

Cannavò, un simbolo dei pregi e delle miserie dello sport italiano


Candido Cannavò, lo storico direttore della Gazzetta dello Sport se ne è andato a 78 anni vittima di un'emorragia celebrale. Si è trattato sicuramente di una grande penna del giornalismo sportivo italiano ma se vogliamo evitare di cadere nel coccodrillismo bisogna dire che di quel settore dell'informazione Cannavò ha rappresentato in maniera perfetta pregi e difetti. Non stupisce dunque che i giornalisti sportivi lo ricordino con l'affetto che si deve a chi si considera un padre acqusito.
Cannavò non possedeva la potenza narrativa di Gianni Brera, nè la garbata discrezione di Paolo Valenti, né la capacità di analisi di un Giorgio Tosatti o di un Gianni Mura. Giornalista molto istituzionale e legato ai poteri forti dello sport sapeva mettere la sua penna al servizio della retorica, alla ricerca della descrizione che potesse rappresentarci il gesto tecnico o atletico dello sportivo come un qualcosa che avesse il segno dell'eccezionalità e che portasse l'uomo a sognare di essere migliore. In tutto ciò c'era quell'ingenuità, autentica o costruita che fosse, che cattura un certo tipo di lettore ma che non aiuta a vedere il fenomeno dello sport moderno e che ha trovato Cannavò e tutto il giornalismo italiano impreparati davanti ai due grandi scandali di Calciopoli e del doping. Quest'ultimo in particolare tocca in maniera grave proprio la Gazzetta che in quanto organizzatore del Giro d'Italia ha dovuto fare fronte ( non sempre con efficacia) ai numerosi problemi che il ciclismo ha avuto in questi anni. Il giornalismo di casa nostra lo celebra giustamente da un certo punto di vista, esprimendo nello stesso tempo il desiderio di non voler crescere nel proprio modo di raccontare le sfacettature più o meno limpide dello sport.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Post perfetto. Sono d'accordo su tutto.

storico sgrz ha detto...

grazie Silvio . torna trovarmi quando ti va :)